Global Peace Index 2014: l’Islanda è il paese più pacifico al mondo, la Siria il più caotico
Il “Global Peace Index” è un metodo per misurare la pace in 162 paesi elaborato dall’Institute for Economics and Peace. Secondo la classifica del 2014, l’Islanda risulta il paese più tranquillo e pacifico al mondo, mentre ultimi sono rispettivamente il Sud Sudan, l’Afghanistan e la Siria.
L’Italia si posiziona al 34esimo posto, mentre gli Stati Uniti al 101°.
Facendo una piccola riflessione, si possono trarre alcune considerazioni su ciò.
Innanzitutto, dal punto di vista economico e culturale non si può non rilevare che le nazioni situate ai primi posti della classifica abbiano dei tratti in comune, come l’accentuata impronta neutrale e l’utilizzo di un’economia e finanza veramente altra e basata su una decisa etica, al contrario di quella dominante.
L’Islanda, la stessa nazione che decise di ribellarsi alle pressioni dell’alta finanza internazionale, è fortemente concentrata su una politica di stampo localista e pacifica, dove al dogma della globalizzazione e della “crescita economica infinita”, si contrappone un’economia etica e fondata sul rispetto degli equilibri naturali, culturali e locali.
Discorso simile per la Danimarca, l’Austria e la Svizzera, paesi caratterizzati perlopiù da una politica di stampo neutrale negli affari internazionali.
Non sorprende nemmeno l’alto posizionamento del Bhutan, la piccola nazione asiatica che al posto del PIL ha il FIL, per calcolare il reale benessere della popolazione residente.
Per quanto a qualcuno magari possa sembrare strano, gli USA si confermano un paese fortemente violento anche interiormente.
Difatti, nonostante la continua retorica mediatica che dipinge gli States come una “terra promessa”, nella realtà si tratta di un paese sempre di più dominato da una “cultura” di stampo distruttivo basata sull’esaltazione dello spreco, del materialismo e del nichilismo più estremo, della spavalderia,nel disprezzo verso ogni radice (culturale e naturale), della violenza e dell’ignoranza e che si ripercuote nel trattamento arrogante e aggressivo riservato all’esterno verso tutti gli altri paesi che rifiutano il modello globalista di cui gli USA sono i massimi interpreti.
Tra gli ultimi paesi abbiamo il Sud Sudan, paese dilaniato da continue guerre civili locali e la cui situazione viene sfruttata dalle multinazionali perlopiù petrolifere angloamericane, l’Afghanistan che dalla guerra scatenata dagli USA è passato dal regime talebano al caos odierno.
Il paese più violento per ora risulta la Siria, vista la tremenda guerra civile che da tre anni dilania il paese e che è stata fomentata dalle grandi potenze mondiali (USA in primis) per scopi di controllo geopolitico e per continuare il progetto imperialista e/o mondialista della costruzione di un unico governo mondiale fondato sul potere dei grossi gruppi finanziari e industriali (e di cui l’imperialismo USA è uno dei più forti strumenti).
Questa classifica ci ricorda tra l’altro che per realizzare una politica di pace mondiale, si deve pian piano abbandonare il dominio di certi sistemi tossici e disfunzionali dominanti come il consumismo e l’economia fondata sul predominio della finanza internazionale, così come l’obsoleto modello di globalizzazione fondato sulla distruzione di ogni diversità e identità, idem per il modello della “crescita infinita” fondato sulla distruzione di ogni equilibrio naturale e biodiversità.
La pace non si può imporre militarmente, né esportare retoricamente.
Bisogna avviarci verso una politica di equilibrio e rispetto, che faccia in modo che ogni individuo,ogni comunità e popolo possano sviluppare la propria autonomia e libertà nel rispetto della diversità altrui, e non con l’imposizione di un “modello totalizzante” che crea solo squilibri,guerre e caos da sempre e che si basa sull’ingerenza e l’omologazione verso un’unico preciso modello.
Gli esempi di paesi come l’Islanda o il Bhutan, con la loro politica dedita alla non ingerenza verso l’esterno (localismo e non interventismo) e interiormente dedicati alla promozione di una cultura di pace,benessere e non violenza, possono essere illuminanti a tal proposito.
Se forse tanti paesi iniziassero a prendere nota di ciò saremmo veramente in un mondo migliore, visto il radicale cambio di paradigma che verrebbe a crearsi, non più basato sul mito della globalizzazione e della diffusione di un presunto “modello universale superiore” da imporre a tutti volenti o nolenti, ma sul rispetto e la valorizzazione della diversità e dei diversi modi di arrivare a un obiettivo comune, come la pace nel mondo, oggi quasi impensabile visto il predominio della logica autoritaria e omologante imperialista e/o globalista e dei tanti gruppi di potere che la promuovono (dalla NATO alla Banca Mondiale passando per la stessa ONU, che al di là della martellante propaganda, promuove un’ideologia basata sulla distruzione di ogni diversità da sostituire con l’omologazione globale).
Gandhi diceva che: “non c’è strada che porti alla pace che non sia la pace, l’intelligenza e la verità”.
Così d’altro canto non c’è strada che porti al riconoscimento della diversità se non la valorizzazione di essa e non la distruzione, come d’altronde non c’è altra strada che porti alla non violenza che la non violenza, ma purtroppo viviamo in un mondo “al contrario” dove chi dice di voler portare la pace dichiara guerre, e chi dice di voler valorizzare e difendere le diversità spesso le vuole distruggere tutte.
Fonte
Permalink link a questo articolo: https://www.pandorando.it/global-peace-index-2014-lislanda-paese-pacifico-mondo-siria-caotico-unde/