Saliranno sul palco dell’Ariston i primi 7 big in gara (Arisa, Frankie Hi NRG, Antonella Ruggiero, Raphael Gualazzi, Cristiano De Andrè, Perturbazione, Giusy Ferreri). Gli artisti canteranno due brani e la giuria e il pubblico a casa ne sceglierà solo uno. Ospiti della prima serata: Raffaella Carrà, Yusuf Cat Steven e Leatitia Casta. Nel corso della prima puntata sarà presente a sorpresa, anche Luciano Ligabue (super ospite della serata finale) con un omaggio a Fabrizio De Andrè. E poi come «presenter» (coloro che presenteranno in diretta tv i nomi degli artisti in gara, i due brani che canteranno e il maestro che li accompagna): Tito Stagno, la coppia di tuffatrici Tania Cagnotto e Francesca Dallapé, gli attori Cristiana Capotondi e Marco Bocci, il pallanuotista Amaurys Perez e Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (TIGET).
Seconda serata – mercoledì 19 febbraio:
Sul palco gli altri 7 big in gara (Francesco Renga, Giuliano Palma, Noemi, Renzo Rubino, Ron, Riccardo Sinigallia e Francesco Sarcina). E al termine delle esibizioni si scoprirà quale dei due brani cantanti proseguirà la corsa verso la finalissima di sabato. Al via anche con le quattro nuove proposte: Diodato, Filippo Graziani, Bianca e Zibba. Gli ospiti saranno Claudio Baglioni, Rufus Wainwright (che è già finito nel mirino dei Papaboys) Franca Valeri e Claudio Santamaria. Prevista la presenza anche delleg emelle Kessler, del campione di slittino Armin Zoeggeler. E poi Kasia Smutniak, il giornalista Gian Antonio Stella e gli sportivi Veronica Angeloni e Clemente Russo.
Terza serata – giovedì 20 febbraio:
Si esibiranno gli altri 4 giovani: Rocco Hunt, De Simone, The Niro e Vadim. Ospiti della serata: Damien Rice, Luca Parmitano e Renzo Arbore. Ci sarà anche un omaggio a Claudio Abbado. Luciana Littizzetto si esibirà in un monologo sul tema della bellezza.
Quarta serata – venerdì 21 febbraio:
Sarà la serata del Sanremo Club, omaggio ai grandi cantautori italiani: il Premio Tenco e il Festival di Sanremo uniti grazie alle performance dei 14 cantanti che, fuori gara, interpreteranno le più grandi canzoni italiane. In gara, invece, si esibiranno i quattro finalisti delle nuove proposte. A decretare il vincitore un sistema di votazione misto, al 50%, con televoto e Giuria di Qualità (presieduta da Paolo Virzì, con Paolo Jannacci, Silvia Avallone, Maranghi, Aldo Nove, Lucia Ocone, Silvio Orlando, Giorgia Surina, Rocco Tanica e Anna Tifu). Ospiti:Gino Paoli, Paolo Nutini e Luca Zingaretti.
Quinta serata – sabato 22 febbraio:
La finalissima vede ospiti Luciano Ligabue, Maurizio Crozza e il cantante belga Stromae. Ci sarà l’esibizione dei 14 Big con le 14 canzoni in gara: votazione a sistema misto, con il 25% derivante dalla graduatoria di giovedì, il 25% derivante dal televoto di serata e il 50% dalla Giuria di Qualità per determinare il podio, con le tre canzoni dal punteggio più elevato. Le tre canzoni più votate si sfideranno di nuovo, la classifica finale sarà determinata al 50% dalla Giuria di Qualità e al 50% dal televoto. In caso di ex-aequo tra due cantanti, deciderà il presidente della Giuria di Qualità.
Descrizione: In un’epoca Medievale, dove una donna indipendente è considerata come una strega e, per questo, torturata e condannata a morte, Nayr di Aryla decide di sfidare ogni legge, e di mascherare sé stessa e la propria identità. L’unico suo desiderio è quello di riscattare un passato di dolore che nessuno conosce, tranne lei, marchiata dal fuoco dell’Inquisizione e da un simbolo di cui non conosce il significato, e che sembra segnare la sua intera esistenza. Decisa a combattere come un uomo, ne assume le sembianze, ma si troverà a dover affrontare un sentimento nuovo nei confronti di Ewari, il grande guerriero di Reint, che sembra conoscerla più di quanto lei stessa mostri al mondo. Entrambi lotteranno per un fine comune, che li porterà a costruire un nuovo Regno, nel quale la tradizione antica e la nuova religione saranno in grado di convivere pacificamente, e la discendenza di cui essi fanno parte sarà svelata.
Disponibile presso molti siti online, nei punti Feltrinelli (su richiesta) e presso Il Giardino dei Libri.
Ho approfittato dell’occasione di poter parlare del mio libro, uscito a gennaio 2014, poiché di recente pubblicazione. Saranno organizzate presentazioni di cui saranno riportate le date in anteprima su questo sito. Alcune di esse potranno essere seguite direttamente tramite connessione PC.
La Grande bellezza – L’opera di Sorrentino si aggiudica il premio per il miglior film straniero. Lo schivo e riservato Paolo Sorrentino ora ci crede seriamente. Una nuova importante premiazione europea ha visto protagonista il suo ultimo film.
La tradizione ci dice che la sua pellicola può sbancare anche a Hollywood.
Dopo aver trionfato a gennaio ai Golden Globes di Hollywood, “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino ha conquistato ieri sera anche il premio per miglior film straniero ai “Bafta” (British Academy of Film and Television Arts), considerato il premio Oscar britannico. Un ulteriore passo verso il traguardo finale del 2 marzo a Los Angeles per gli Academy Awards, il verso Oscar.
Il premio per miglior film è andato a “12 anni schiavo”, che ha visto premiato come miglior attore, il britannico Chiwetel Ejiofor. Migliore regista Alfonso Cuaron per “Gravity”, miglior attrice Cate Blanchett per “Blue Jasmine” di Woody Allen, miglior attore non protagonista il somalo Barkhad Abdi per “Captain Phillips”, nella stessa categoria come attrice, Jennifer Lawrence per “American Hustle”. “La grande bellezza”, spesso criticato in patria, è molto amato e apprezzato all’estero.
Paolo Sorrentino ha colto nel segno: è riuscito a focalizzare come il mondo vede l’Italia. Un paese esteticamente meraviglioso afflitto però da un inarrestabile declino morale ed etico. Negli Stati Uniti il film è uscito con il titolo “The Great beauty”. Non resta che attendere il prossimo 2 marzo per sapere se la pellicola di Paolo Sorrentino si aggiudicherà l’agognata statuetta per il miglior film straniero. Nonostante gli evidenti difetti e le debolezze narrative, “La grande bellezza” merita l’Oscar soprattutto per lo sforzo creativo e per la genialità estetica e visiva.
Ieri alle ore 22.00 il dato dell’affluenza alle elezioni regionali della Sardegna era poco superiore al 50% e rispetto alla volta scorsa era minore di circa il 15%. Quindi il partito dell’astensione vince ancora dopo il dato delle scorse amministrative e delle scorse politiche. Uno dei motivi dell’astensionismo è da rintracciare sicuramente nella scarsa presenza dello stato rispetto alla recente alluvione in Sardegna.Altro motivo forse è stato l’ennesimo scandalo italiano delle “spese pazze”in regione che poco tempo fa si è verificato in Sardegna come in passato in altre regioni italiane.Inoltre il Movimento 5 Stelle non si è presentato a questa tornata elettorale e forse tanti elettori simpatizzanti del movimento hanno ritenuto opportuno rimanere a casa come reazione alla vicenda. E ancora come non dimenticare le vicende passate dell’Alcoa e del Sulcis le quali tanta rabbia hanno destato e destano ancora in tanti cittadini sardi.
Perciò anche nelle elezioni sarde come in altre tornate elettorali la gente sceglie per il non-voto: reazione quasi naturale e spiegabile con il solco abissale creatosi fra la politica italiana e il resto del paese, tra la politica tutta e il paese reale.
La sfiducia di tanti cittadini di diversa estrazione sociale, il dissenso crescente nel paese, la rabbia, il malcontento, tutto contribuisce ad allontanare i cittadini dalle urne.
Il futuro governo Renzi è l’ultima e lampante dimostrazione di quanto sia inutile votare oggi e gli italiani reagiscono a questa constatazione legittima in modo opportuno.
Come recuperare la fiducia di tanti italiani? Come può la politica venire incontro ad un paese “disastrato” per tanti problemi a cui lo stato e la politica non hanno dato le risposte opportune ed adeguate. Come riconquistare un popolo di “diseredati” che pensano alle urne come un giorno in cui è meglio fare qualcos’altro.
Si aspettano risposte, si aspettano risposte “urgenti” per tante calamità naturali, per i problemi causati o aggravati dalla crisi economica, si aspettano risposte adeguate dal governo per quanto riguarda l’occupazione, la crescita e lo sviluppo: si aspetta una “forte presenza”, un’assunzione di responsabilità quanto mai “assennata e avveduta”, una “presenza” che si aspetta da tempo immemore e in cui tanti italiani ormai non ripongono più la speranza.
La dieta dimagrante 5:2 – Digiunare due giorni alla settimana per perdere peso? Si’, funziona!
Lo dice proprio l’ideatore di una delle diete di maggior successo del momento, Michael Mosley, medico britannico e giornalista di salute e benessere. Già dal 1939, alcuni studi scientifici dimostravano che un ridotto apporto calorico può prolungare l’aspettativa di vita. Ed è questo che ha spinto Dott. Mosley a sperimentare su sé stesso il digiuno con ottimi risultati.
La Dieta 5:2, conosciuta anche come la Dieta Fast, prevede un’alimentazione normale per cinque giorni alla settimana, e due giorni con una quota calorica da assumere di 500 calorie per le donne e 600 calorie per gli uomini.
In questo modo il nostro organismo viene spinto a bruciare i grassi in eccesso, si normalizza il livello degli zuccheri nel sangue, e si possono prevenire il diabete, le malattie cardiovascolare, l’Alzheimer e il cancro.
La perdita di peso è di due chili e mezzo a settimana, senza effetti collaterali per l’organismo, come ha dimostrato lo stesso Dott. Mosley e altri scienziati, che hanno affermato che il digiuno, se controllato, porta benefici per la nostra salute.
Questa dieta, che si è diffusa grazie alle star americane, come Miranda Kerr e Jennifer Aniston, può coinvolgere non solo il mondo artistico, ma anche il lavoro, le amicizie, le famiglie e il denaro, diventando proprio uno stile di vita, come spiega la nutrizionista Kate Harrison nel suo ultimo libro “5:2 Your Life: Get Happy, Get Healthy, Get Slim”, (Tua vita 5:2: felice, sano, magro), con tanti e semplici consigli da seguire.
La cosa più importante, è digiunare due giorni e poi ripetere gli stessi settimana dopo settimana, in modo che diventi una regolare routine. E poi, prefissatevi dei piccoli obiettivi da raggiungere, per riempire le due giornate di digiuno e non pensare al cibo:
“Immaginare una vita migliore è il primo passo verso il raggiungimento di essa. L’attività fisica è il punto d’inizio ideale. Cercate di immaginare un evento previsto per il futuro. Per esempio il matrimonio di una vostra amica, all’estero, l’estate prossima. Fate una lista di traguardi che vorreste raggiungere prima di allora, come iniziare a correre o imparare una lingua straniera.”
In questi due giorni potete risolvere alcuni problemi che vi preoccupano da tempo e che avete trascurato, come un piccolo guasto in casa, oppure un vecchio litigio con un amico o collega di lavoro.
La Dieta Fast tiene conto anche dei vostri soldi. Potete risparmiare, in queste due giornate di digiuno, per esempio, fissando un budget che non dovrà essere superato.
Per quelli che vogliono approfondire l’argomento o provare questa dieta facile, veloce e sana, adesso c’è anche un libro “The Fast Diet: Lose Weight, Stay Healthy, and Live Longer with the Simple Secret of Intermittent Fasting”(La dieta del digiuno: perdi peso, rimani in buona salute e vivi più a lungo con il semplice segreto del digiuno intermittente), scritto a quattro mani dal Dott. Michael Mosley e dalla giornalista Mimi Spencer e edito in Italia da Corbaccio (220 pagine, Euro 12,90).
Marco Bocci, classe 1978, è nato a Marsciano, in provincia di Perugia.
Bello? Sarebbe una domanda retorica. Bello lo è, davvero. Decisamente. Sguardo tenebroso, occhi chiari, capelli scuri, fisico mozzafiato… e quel fascino di “uomo imprendibile” che piace molto a noi donne.
C’è qualcuna che non si girerebbe, vedendo camminare un uomo così, per la strada? Io credo proprio di no. Forse, se non lo fa, è perché Marco Bocci non incarna l’ideale che ha in mente. Forse, invece, non vuole ammettere la realtà dei fatti.
Ora che abbiamo parlato – diffusamente – dell’indiscutibile fascino di quest’attore, soffermiamoci un attimo sul suo curriculum.
Di lui si dice che nasce come attore di teatro, dove esordisce nel 2000, che si è diplomato in recitazione presso il Conservatorio Teatrale d’Arte Drammatica “La Scaletta”, diretto da Giovanni Battista Diotajuti, a Roma e che ha girato molte pellicole cinematografiche.
Tra queste, si ricordano: “I cavalieri che fecero l’impresa” (2001), regia di Pupi Avati, “Los Borgia” (2006), “Cuori rubati” (2002), la serie tv “Incantesimo 8” (2005-2006), e le miniserie tv “Graffio di tigre” e “Caterina e le sue figlie 2”, entrambe del 2007; poi ancora: “Ho sposato uno sbirro” (2008) e “Romanzo criminale – La serie” (2008), dove riprende il ruolo del Commissario Scialoja, interpretato da Stefano Accorsi nell’omonimo film diretto da Michele Placido.
Ma il film che lo consacra definitivamente, lo vede nel ruolo di Domenico Calcaterra, dalla terza stagione di “Squadra antimafia – Palermo oggi”. Dalla quinta stagione passa a ruolo di protagonista, sostituendo Simona Cavallari, uscita di scena nella stagione precedente. Attualmente sono iniziate le riprese della sesta stagione che si sta girando tra Catania e Roma. Ora, però, credo che mi inimicherò tutte le sue migliaia di fans, quando esprimerò la mia opinione personale. Ed è un mio parere che la ragione del successo improvviso dell’attore sia strettamente legata al gossip.
Tutto nasce quando Marco Bocci partecipa come giurato all’edizione 2013 di Amici. E’ lì, che nasce il flirt con la famosa cantante Emma Marrone, ed è proprio in quel momento che la coppia non viene risparmiata da continue paparazzate, pedinamenti, mormorii che si rincorrono incessantemente sul web.
Tutti vogliono conoscere il finale della storia d’amore scoppiata all’improvviso, dietro le quinte di un programma di successo. Tutti sperano nel riscatto di una ragazza che ha lottato e si è guadagnata ciò che ha con grinta e umiltà e lo vedono in Marco Bocci, il principe azzurro arrivato da chissà dove, che lotta per la sua privacy con tenacia, fino a creare un alone di mistero che, invece di respingere i curiosi, li attrae ancora di più.
Cala il silenzio, e il gossip non si placa. Anzi: le attese concorrono a creare ancora di più l’immagine dell’attore che, ormai, è considerato come un eroe romantico, un lottatore passionale, innamorato delle emozioni e altalenante nelle sue esternazioni, come lui stesso ha ammesso, nel corso delle sue interviste in quel periodo. E la sua pagina personale cresce a vista d’occhio, insieme alla sua notorietà.
Non conta più il suo lavoro, ma la sua vita privata. Non è più importante la sua esperienza artistica, ma la sua immagine amorosa. Ogni sua parola è bramata come l’acqua data con un contagocce ad un assetato nel deserto. Ogni suo sguardo nasconde mille significati. Ma è all’improvviso che le cose cambiano. E’ lo stesso attore a dare la notizia della fine della storia con la cantante, e lo fa con tono quasi aggressivo, insofferente. Sorprendente.
Si rumoreggiano le ipotesi inimmaginabili, finchè spunta un altro flirt: quello con l’attrice Laura Chiatti. Ed è così, che lo lasciamo, mentre Emma Marrone rimane ferma nel suo eroico silenzio, dove i fatti contano più delle parole e i suoi concerti registrano il tutto esaurito. E’ così, che si vedono le due reazioni: chi fa e chi parla, cercando di costruire l’immagine di un personaggio che comincia ad assumere contorni ben definiti.
E’ sempre di fronte ad una Chiesa, che troviamo Marco Bocci in compagnia della nuova fidanzata. E’ sempre di gossip, che si parla, quando il priore dell’abbazia di San Pietro dice: «Non posso negare che abbia ricevuto una visita da queste persone», lasciando intendere tutto e nulla. Così, ben consapevole di attirare le antipatie di molte fans innamorate di un fantasma fatto di chiacchiere e contraddizioni (improvvisamente, la sua vita privata diventa un reality, dopo aver chiesto di mantenerla riservata), non posso fare a meno di chiedermi: è così necessario che un attore debba passare attraverso il pettegolezzo, per farsi notare, quando potrebbe tranquillamente trasmettere la sua professionalità con i fatti?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Io attendo ancora di comprendere che cosa aspettarmi dall’artista Marco Bocci. E, sinceramente, preferirei che l’uomo continuasse a mantenere il riserbo che ha preteso, smettendo di farsi notare più per il gossip che per le sue reali capacità.
In alternativa, mi domanderei: ma che cosa sa fare, davvero?
All’inizio di una recensione bisognerebbe mettere una frase ad effetto per catturare l’attenzione del lettore e portarlo quindi a continuare a leggere, oppure, iniziare con un riassunto della trama, per dare il giusto background e intavolare un giudizio critico in merito. Con questo film di Sorrentino non è possibile; semplicemente non è possibile fare nessuna delle due cose: per difetto o per eccesso.
Per difetto nel senso che qualsia frase ad effetto risulterebbe banale o povera nel tentativo si stiracchiarsi al massimo per abbracciare il film; per eccesso perché ci sono dentro troppe cose per poterle riassumere, o peggio: riassumerle logicamente.
Eppure qualcosa bisognerà dirla.
Partiamo dal titolo: ‘La grande bellezza’, che diavolo è questa grande bellezza? Carlo Verdone (Romano nel film), in un’intervista a Radio Tre ha detto che si tratta della giovinezza. Parte della critica italiana, salvo chi ha riconosciuto grandi meriti a Sorrentino, ha sostanzialmente bocciato il film, sintetizzando il giudizio in: mancanza di linearità. La critica straniera, invece, ci ha visto Roma, l’Italia e, soprattutto l’italianità, fatta di tante cose dai bordi non definiti, cose che tra di loro si intrecciano, si soprappongono, due che ne diventano una terza e così via all’infinito, ma in circolo: un vecchio scrittore, Jep Gambardella (maestoso Toni Servillo), autore di un solo libro di dubbio successo – l’apparato umano – scrive oggi per una rivista; vive di notte, nelle feste in stile cafonal di Dagospia, sa come funziona questo paese, e coloro che lo abitano, e sa che è inutile spiegarlo a chi gli è di fronte; è affascinante, seduce le donne, ma non dedica loro il tempo che vorrebbero, perché è vecchio e sente il tempo che gli sfugge via.
Dentro questo perimetro romantico, languido e cupo che è Roma di notte, c’è tutto: il turista giapponese che appena vede Roma ha un attacco di cuore, un signore che ha a disposizione le chiavi di tutti i palazzi storici di Roma (e Jep lo conosce, ovviamente), una bambina sfruttata per il suo talento artistico frutto della frustrazione e della pressione dei suoi genitori, una vecchissima suora, sulla via della santità, a cena con un clero ingordo, vezzoso e vanesio. Funerali come recite. Ramona (interpretata da Sabrina Ferilli), donna romana (notare l’anagramma) verace, contraltare del personaggio di Verdone e scintilla di vita che rinfranca, culla e sprona il Gambardella a proseguire con i suoi progetti e con la sua vita di uomo e di intellettuale. Certo è chiaro che dentro questo film ci sia, anzi, è chiaro che questo film sia fatto di italianità, ma subito dopo bisognerebbe chiedersi, c’è l’Italia? Sì. Ma la risposta non è oggettiva, non è un fatto trovarci dentro l’Italia, è, più che altro, un’illusione ottica, un effetto degli specchi esseni: ci vediamo noi stessi negli atteggiamenti che approviamo e tutti gli altri nei comportamenti che denoterebbero la decadenza e la miseria di questo nostro Paese. Ma in questo marasma di comportamenti e vicissitudini made in Italy, rilevabili soggettivamente, c’è anche un retrogusto agro dato da un giudizio sostanzialmente negativo su quello che l’Italia sta diventando, attraverso quello che è. E se è vero che La grande bellezza è la giovinezza, la giovinezza dell’Italia è il suo passato, la bellezza è nel passato, e oggi c’è solo la decrepitezza, il botulino, le protesi di sostegno, il cerone, il trucco, le impalcature a tener su quello che rimane, finché dura. Ve l’ho detto, e ve lo ripeto, è un film vasto, pieno di spunti, di riflessioni e di rimandi, interni ed esterni al film. A questo punto potrei dire che la recensione sebbene non si possa dire esaustiva, sia comunque per me, terminata, ma, devo ancora aggiungere qualche parola sulla critica italiana e su Toni Servillo.
Sulla critica italiana non mi dilungherò perché non è necessario. Somigliano, i critici italiani, a quei tizi che guardano i quadri del puntinismo troppo da vicino, e non riuscendo a capire cosa c’è disegnato, si incaponiscono nel dire che il quadro è brutto, o peggio, avvicinano ancora di più gli occhi alla tela, quando invece, semplicemente, basterebbe fare un passo indietro.
Toni Servillo invece mi limito a ricordare la dedica riservatagli dal giornale francese Le Figaro delle due pagine della sezione cultura; un evento, e un fatto rilevante se si considera che l’unico precedente simile c’era stato solo con: Marcello Mastroianni, amatissimo dal pubblico francese.
Le parole di elogio sono state molte, importanti:”è sul punto di prendere il posto di Mastroianni nel cuore del pubblico”, “Maestro Servillo”. Non c’è bisogno di aggiungere altro se non che questo film è candidato all’oscar come miglior film straniero. Da parte nostro un grande in bocca al lupo.
Arriva dalla Thailandia la nuovissima e rivoluzionaria bicicletta che purifica l’aria.
Si chiama Air Purify Bike e, grazie ad un meccanismo che, riproduce il procedimento di fotosintesi delle piante, sarà in grado di generare ossigeno sfruttando l’acqua e l’elettricità, fornita da una batteria agli ioni di litio, con il risultato, ad ogni pedalata, di filtrare l’anidride carbonica e lo smog e rilasciare aria pulita.
L’idea arriva proprio dalla Thailandia, paese con enormi problemi di inquinamento e smog, dove, per esempio nella sola capitale di Bangkok, un milione di cittadini soffrono di problemi di respirazione legati proprio all’inquinamento.
Il prototipo della Air purify bike è stato messo a punto da tre disigner tailandesi della Bangkok Lightfog Creativity & Design.
La bicicletta in questione è dotata di una pedalata assistita quindi facilmente utilizzabile da tutti e il suo sistema di purificazione dell’aria funziona sia in movimento che da ferma e il suo progetto, per ora solo sulla carta, ha già vinto un Red Dot Award, uno dei più importanti riconoscimenti internazionali del Design.
Dovesse rivelarsi efficace, la Air Purify Bike, non solo servirebbe come mezzo di trasporto a sostituire le automobili, ormai altamente inquinanti nelle città, ma servirebbe anche a ridurre il traffico cittadino e, attraverso il suo meccanismo permetterebbe anche di ripulirne l’aria stessa dallo smog e rendere quindi le città sicuramente molto meno inquinate e più pulite.
Un progetto veramente innovativo ed ecologico che permetterebbe di rivoluzionare il modo di progettare e costruire tante cose, non solo le biciclette.
Ma il prossimo passo per ora, per i tre progettisti tailandesi, padri del progetto, è quello di presentare il primo prototipo per poi poter così passare, se veramente efficace, alla vera e propria produzione delle Air Purify Bike.
Parallelamente alla Milan Fashion Week (19-24 Febbraio 2014), avrà luogo la MIPAP Milano pret-à-porter, dal 22 al 24 Febbraio, alla Fiera di Milano, appuntamento per eccellenza per il settore della moda, dove saranno presentate le nuove collezioni dei brand italiani più prestigiosi e dei giovani stilisti. Ed è proprio a loro che sarà dedicato uno spazio speciale, creato grazie alla collaborazione di quattro stilisti under trenta e di vari brand italiani importanti.
La fiera propone un percorso che parte dalle linee classiche dell’abbigliamento, per le collezioni womenswear Autunno/Inverno 2014-2015, fino ad arrivare alle proposte più moderne, trendy e del street style, senza dimenticarsi degli accessori e della pelletteria.
Negli stand di Milano pret-à-porter i prodotti sono selezionati secondo logiche attente di innovazione e ricerca, perché MIPAP è un evento elegante che propone una selezione di marchi riconducibili a un gusto specifico, dove ognuno può trovare il prodotto più adatto alle sue esigenze.
Numerose aziende saranno presenti alla MIPAP e tra queste possiamo elencare: Ean 13, Andre Maurice, Maglificio Carnevali 1951, Kali Orea, Miss Money Money, Le Fate, Maglificio Denny, Martika di Francogiazzi, Merypant, Tavus, P&t Furs, Flo & Clo e Club Voltaire. Le diverse tipologie – capospalla, maglieria, abbigliamento formale e casual, accessori – a MIPAP Milano pret-à-porter renderanno facile l’interazione da parte degli stylist, buyers e pubblico.
Un momento di incontro per tutti gli operatori del settore sarà il seminario “Primavera Estate 2015. Anticipazione e tendenze, colori, stampe e principali silhouettes” a cura di Jaana Jatyri di Trendstop.com, sabato 22 e domenica 23 Febbraio, ore 11, che si preannuncia uno strumento indispensabile sia per gli espositori sia per i visitatori della Fiera, nel giusto orientamento tra i diversi stili e trend della moda.
MIPAP si occuperà di un altro tema molto attuale, l’eco-sostenibilità, che molti brand di moda hanno scelto, con risultati spettacolari, in occasione del seminario “Essere green oggi – il nuovo moltiplicatore di successo”, domenica 23 Febbraio, ore 15.30, a cura dell’arch. Isabella Goldmann, direttore del Centro Studi per la Sostenibilità applicata.
La società dell’immagine produce icone pop, mitologie, supereroi, totem da adorare, divi provenienti dal mondo del cinema, dello spettacolo, della televisione, della moda, dello sport etc.
Società dell’immagine come espressione e facciata di un mondo neoliberista e capitalista sempre più votato allo sfruttamento dell’individuo e dell’ambiente, un mondo neoliberista dove abbondano diseguaglianze e ingiustizie sociali, un mondo neoliberista globalizzato e in mano all’1%.
Il neoliberismo è portato avanti dalle multinazionali, dalle banche, dai mercati, dall’economia che primeggia sulla politica, sui governi, sugli stati, questi ultimi succubi del dio denaro che tutto muove.
Una società dell’immagine che si accompagna ad un’opinione pubblica forte e ad una manipolazione dell’informazione che si esplicita anche con la censura e con una distorsione della realtà non da poco.
Inoltre ci sono fenomeni come la desertificazione culturale, l’appiattimento sociale e la massificazione che fanno si che vi sia una sola dimensione ossia quella del consumatore che crede di aver la libertà “finta” di scegliere cosa consumare.
Vi sono le verità molteplici, il “pensiero unico”, vi è una “frammentazione” del pensiero abnorme e in questo ambiente dove tutto è saturo, in questo ambiente dove si è bombardati ogni giorno da suoni, immagini e video, ebbene in questo ambiente l’individuo è impotente, passivo, malleabile, controllabile.
L’affermazione del neoliberismo si accompagna ad una progressiva negazione di diritti un tempo conquistati con dure lotte, si accompagna alla riduzione di welfare, servizi sociali, alla riduzione della democrazia che è sempre più un miraggio in questa epoca di postdemocrazia.
Società dell’immagine e società dei consumi sono due facce complementari di un mondo capitalista e neoliberista che non lascia scampo, un mondo dove tutto è sacrificato in nome della collettività e a scapito delle libertà dell’individuo.
In una società dove vi è una smisurata fiducia nella tecnologia e nell’innovazione c’è poco spazio per l’interiorità, per il spirituale e tutto viene sacrificato alla logica dell’apparire.
Un mondo dove tutti cercano di vendere qualcosa, un mondo del marketing, del vendere la propria immagine e le proprie idee, un mondo di sottoculture dove tutto è mistificabile e mercificabile.
Neoliberismo come paradigma economico e sociale, neoliberismo come unico mondo possibile, neoliberismo come unica scelta da praticare.
In questo mondo neoliberista c’è anche tanto condizionamento e controllo sociale: fin da quando siamo bambini avviene su noi stessi una continua opera di ammaestramento.
Libertà oggettiva che quindi sovrasta la libertà soggettiva.
Libertà e democrazia sacrificate in nome di un sistema che ci rende ingranaggio sostituibile ed essenziale allo stesso tempo.
Un mondo neoliberista dove dominano la cyberfinanza e il cybercapitale, un mondo dove c’è un’eccessiva finanziarizzazione dell’economia.
Un mondo neoliberista dove si vendono modelli, dove si esportano modelli, un mondo neoliberista che fa propaganda dei suoi stili di vita, dei suoi modi di pensare, dei suoi modi di fare.
Un mondo dove vige la dittatura della videocrazia, un mondo in cui si è “assopiti e addormentati” da tante chimere, sogni e incantamenti che lo “schermo assoluto e onnipotente” propone.
Dieci anni fa moriva tragicamente uno dei migliori di ciclisti italiani di sempre “Non c’è supermarket dove si compra la grinta: o ce l’hai, o non ce l’hai. Puoi avere il tecnico migliore, lo stipendio più alto e tutti gli stimoli di questo mondo, ma quando sei al limite della fatica sono solo le tue doti ad aiutarti”. (Marco Pantani). La scena era terribile e tragica. La sua stanza era completamente devastata, tutto era sottosopra, una sorta di caos interiore ed esteriore prima della fine. Una disperazione profonda ed infinita.
Stiamo parlando di Marco Pantani, morto a soli 34 anni dieci anni fa. Era un ciclista amatissimo, era diventato un mito per gli sportivi e non solo della bicicletta. Il 14 febbraio 2004, Marco Pantani fu trovato morto nella stanza D5 del residence “Le Rose” di Rimini.
L’autopsia rivelò che la morte era stata causata da un edema cerebrale conseguente a un’overdose di cocaina. L’autopsia sul corpo del campione dopo la tragica morte e in particolare l’analisi del midollo osseo ha escluso che Pantani avesse fatto uso frequente e in quantità elevata di Epo (L’eritropoietina, spesso abbreviata in Epo, è un ormone che controlla la produzione di globuli rossi nel sangue.
È una proteina composta da circa 200 aminoacidi. Viene prodotta nei reni nei neonati e nei feti, nel fegato ma agisce soprattutto sulle cellule “progenitrici” dei globuli rossi, che si trovano nel midollo osseo. È stato scoperto che la sua azione è regolata attraverso un gene che si trova nel cromosoma numero 7 dell’uomo) durante la sua carriera.
La morte di Pantani lasciò sgomenti tutti gli appassionati delle due ruote, per la perdita di un grande corridore; uno degli sportivi italiani più popolari del dopoguerra, protagonista di tante imprese. Le sue spoglie sono sepolte nel cimitero di Cesenatico.
Per ricordare le sue doti di scalatore, dal 2004 il Giro d’Italia assegna ogni anno ad una salita (la più “rappresentativa”) il titolo “Montagna Pantani”, onore concesso fino allora solo al Campionissimo Fausto Coppi, con la “Cima Coppi” (il passo più alto percorso dal Giro).
Nel 2004 la salita è stata il Mortirolo, nel 2005 il Passo delle Erbe nel 2006 di nuovo il Mortirolo, nel 2007 la salita che giunge al Santuario di Oropa. Nel 2008 ancora una volta il Mortirolo, e nel 2009 il Col d’Izoard. Nel mese di novembre del 2010 venne esposta al Museo del Ghisallo la maglia gialla di Pantani ottenuta al Tour del 1998; in seguito la maglia venne rubata e non venne più ritrovata.
Del furto sono stati accusati i due custodi del Salone del Ciclo e Motociclo della Fiera di Rho, che avrebbero poi rivenduto la maglia del Pirata.
Nel giugno del 2011 venne inaugurata una stele sul Colle del Galibier in memoria dell’impresa che gli valse sia la vittoria di tappa, che la vittoria finale del Giro di Francia del 1998.
La madre di Marco Pantani (così come la sorella, il padre e tutta la famiglia), Tonina, afferma che il modo che Marco avrebbe scelto per assumere la droga o per suicidarsi, ossia l’ingestione di cocaina, non è verosimile.
La signora Pantani sostiene da sempre che il figlio sia stato assassinato, probabilmente per farlo tacere riguardo a qualche scomodo segreto, legato al doping nel ciclismo e alla sua squalifica, di cui sarebbe stato a conoscenza.
Ha richiesto la riapertura dell’indagine archiviata, sostenendo che le firme per il prelievo dei soldi, che Pantani avrebbe usato per comprare la droga, sarebbero falsificate, e che non c’era traccia di droga nella camera del residence, come ci si aspetterebbe dalla stanza di un tossicodipendente che ne fa uso abituale e che il ciclista non era dipendente dalla cocaina, né voleva suicidarsi.
Afferma che la stanza era stata messa apposta in disordine, c’erano residui di cibo cinese, che Pantani non mangiava mai, nessuna bottiglietta d’acqua per ingerire la dose di cocaina, e alcuni lividi sospetti sul corpo del ciclista.
A dieci anni della sua tragica morte, Marco Pantani, rimane uno dei ciclisti italiani più amati di sempre, nonostante le ombre, le debolezze, gli errori che lo hanno portato pian piano verso un drammatico destino finale.
Dopo il successo dello scorso anno del colore verde smeraldo, Pantone, l’autorità n° 1 nel mondo per tutto ciò che significa colore, ha eletto la tonalità Orchidea Splendente, un mix armonico di fucsia, viola e rosa, il colore dell’anno 2014. Pantone Inc. è un’azienda statunitense che si occupa principalmente di tecnologie per la grafica e catalogazione dei colori. Con il Pantone Matching System, ideato da Lawrence Herbert negli anni cinquanta per poter classificare i colori grazie a un codice sotto forma di palette, l’azienda si è ampliata nel mondo della moda e del design.
Dal 2000 Pantone decreta il colore dell’anno, dopo un lungo processo di analisi e ricerche, valutando le tendenze nei più diversi settori come l’arte, lo sport, l’intrattenimento, il costume, nonché le condizioni socio-economiche nel mondo.
Il Radiant Orchid, identificato dalla sigla Pantone 18-3224tcx, è un colore magico, versatile, avvolgente e sensuale, adatto sia per gli occhi che per la pelle, in grado di catturare lo sguardo e stimolare l’immaginazione, ispirare sentimenti positivi come l’amore e la fiducia.
La tonalità Orchidea Splendente è un invito all’originalità, alla creatività, ha un suo fascino seducente ed è già un vero successo, perché è più facile da indossare sia da donne che da uomini, come si è visto sulle passerelle della Primavera/Estate 2014, utilizzata da molti stilisti per abiti ed accessori (Armani, Gucci, Missoni e Lanvin).
Il Radiant Orchid si è imposto per i prodotti per il make-up. Il viola valorizza le bionde, le more, e anche le rosse, perché è un mix di toni caldi e freddi. E lo stesso vale per gli occhi, sia chiari che scuri.
Per un look più chic e originale, possiamo abbinare questa tonalità con le sfumature vicine, come il viola scuro, la lavanda, ma anche il rosso.
Gli esperti Pantone, molto più versatili, propongono infatti degli abbinamenti con il kaki, verde acqua, verde oliva e turchese per l’estate 2014, ma in autunno potremmo vedere dei clamorosi mix del Radiant Orchid con il bordeaux, il rosso amarato e il cioccolato.
Lasciatevi conquistare dal colore delle orchidee, sprigionate la voglia di vivere e amare!
Enrico Letta sta per salire al quirinale per rassegnare le dimissioni. Il suo “governo del nulla”, come spesso è stato definito, sta per cessare di esistere rimpiazzato probabilmente dal governo Renzi1.
Dopo le tante promesse della scorsa primavera, dopo i tanti proponimenti di quel discorso memorabile poi risultato “vuoto e vano”, dopo i tanti annunci, i tanti slogan e in ultimo le 50 pagine e più di “Impegno Italia” “ci risiamo”, siamo di nuovo al punto di partenza, come se un anno non fosse mai passato.
Grillo e Forza Italia intanto se la ridono per l’ennesimo “scivolone” del PD e il cavaliere è più fiammante che mai nonostante i tanti processi, le tante condanne e soprattutto le tante cose “non fatte” alla guida del nostro paese.
Il Letta delle belle parole, dei “voli pindarici”, dell’astrazione verbale parossistica e insana, il Letta “nipote” si appresta a vivere il suo S. Valentino “decollato” dal suo giovane “rivale” di Firenze.
Dopo le rivelazioni di Friedman, dopo l’ennesimo attacco a “Re Giorgio” arrivato anche dalle colonne del Corriere della Sera, dopo tutto ciò il “secondo progetto” del presidente della repubblica si arena sulla spiaggia deserta della nullità e della vacuità.
Dopo il fallimento di Monti ecco il fallimento di Letta. Dopo il “governo dei tecnici” schiantatosi contro un treno “inaspettato” e proveniente dal fondo del tunnel ecco il governo dei politici “zen”, “sereno”, “galleggiante” e ora “naufragato” dopo una navigazione solo apparente e tediosa.
Fino all’ultimo giorno di governo sia Letta che Alfano che Lupi stavano a rimembrare i loro “successi”, le loro “mirabolanti conquiste” che sembrano a tanti italiani solo innumerevoli “pochezze”.
Fino all’ultimo giorno Letta, Alfano e Lupi hanno difeso il loro operato criticato aspramente da tanti operai italiani in cassa integrazione, da tanti disoccupati, da tanti esodati, da tanti imprenditori ridotti sull’astrico etc.
10 domande a… Cecilia Chailly – Grazie per avermi concesso quest’intervista, tra i moltissimi impegni della sua agenda! Comincio subito con le domande.
1) Arpista, compositrice, cantante e scrittrice. In breve: un’artista completa. Come riuscire a convincere le persone che l’artista svolge un lavoro e che non vive solo di emozioni, sebbene sia in grado di regalarle con un solo sguardo? Per svolgere un’ attività creativa bisogna essere molto ordinati, ma con una mente manageriale. Bisogna avere archivi efficienti, collaboratori adeguati, precisione; tutte cose che ben poco sembrano avere a che fare con il “genio e sregolatezza”, ma che invece convivono, nell’artista, insieme a tutte le altre componenti della personalità.
2) perchè, secondo lei, un artista è considerato tale, solo se c’è qualcuno che “garantisce per lui”? Non parlo di raccomandazioni, ma di riconoscimenti pubblici. Che differenza c’è, tra un artista noto al grande pubblico e un artista di strada? La grandezza, oltre che nel talento, sta nella capacità di restare fedeli al progetto artistico, perseguendolo al massimo, fino a superare i propri limiti; quando c’è quest’intensità, si arriva più vicini alla perfezione, e si arriva al pubblico. Non importa se ad un pubblico di strada o di teatro. L’artista vero ha i propri obbiettivi artistici; Il riconoscimento viene dopo, ma non è il fine.
3) Quali sono i valori più importanti che vorrebbe trasmettere al suo pubblico? E quali sono le cose che nessuno dovrebbe mai accettare? Fiducia in sé stessi, nel proprio essere “anima”, e in sintonia con gli altri; nessuno dovrebbe accettare oppressioni e mancanza di rispetto e libertà.
4) Le dico un nome: Ennio Morricone. Che cosa le viene in mente, e perché? La prima volta che l’ho conosciuto, quando mi ha fatto i complimenti per come suonai il trio di Debussy. E poi la sua casa enorme di Roma dove fa jogging tutte le mattine.
5) Quante ore dedica, allo studio, in una sua giornata tipo? E quante, in occasione di un concerto? Lo studio non è solo tecnico all’arpa; diciamo che intorno al lavoro sto tutto il giorno, con i mie tempi. Quando ho voglia suono. Prima dei concerti suono di più.
6) Parliamo di “arpa elettrica”. I pro e i contro, rispetto ad un’arpa “classica”. Il modello è comunque classico, ossia a pedali e con 47 corde. Cambia il suono, che nell’elettrica è più incisivo ma meno espressivo che nell’acustica, i che si sente meno ma ha più dinamiche. Dipende dal contesto, dall’ambiente e dal repertorio; le amo entrambe. 7) In una vita così permeata d’arte, quali sono le cose semplici che le permettono di mantenere i piedi per terra e di conservare l’umiltà nella grandezza? La vita stessa, fare la spesa, occuparsi delle cose pratiche, e la situazione italiana attuale obbligano a mantenere i piedi per terra. L’umiltà l’ho imparata, l’ho coltivata, va di pari passo con l’esperienza.
8) Chi nasce artista, secondo lei, è in grado di rimanere in silenzio, di non comunicare? Qual è la fonte segreta dell’espressione interiore? Un artista si esprime con il suo linguaggio; se resta in silenzio può anche smettere di produrre, ma la sensibilità resta la stessa. Può decidere di tenersela per sé. La fonte è la fonte; basta trovarla, lei è lì. Forse sta nel cuore.
9) Se lei non respirasse musica, riuscirebbe a sopravvivere? Ci sono tante arti che mi interessano, ma poi basta cantare, fare del ritmo con gli oggetti…la vita è musica!
10) Ci sono cose di cui non abbiamo parlato e che vorrebbe aggiungere? Quali sono i suoi prossimi impegni? Sogno di andare a fare delle belle nuotate al mare, prima dei concerti e degli eventi che mi aspettano; il primo sarà il 10 maggio a Sesto San Giovanni, un evento di danza classica, fotografia, video e musica, la mia, che suonerò dal vivo. Vi aspetto!
Come ogni anno, San Valentino è una festa attesa che regala emozioni, la Festa dell’Amore puro e sincero, che non avrebbe bisogno di regali costosissimi per dimostrare ciò che si prova, ma è anche vero che ricevere qualcosa di speciale ci fa sempre piacere!
Vista l’aria di crisi che in Italia non è affatto superata, vi propongo un San Valentino “low cost”, ma con stile:
A San Valentino ci sentiamo tutti più romantici del solito, allora perché non cominciare la giornata con una colazione a letto per il vostro lui o la vostra lei?
Te o caffè accompagnati con dei muffin a forma di cuore preparati in casa.
Continuate la giornata con una bella passeggiata mano nella mano, in un parco (e se piove, sarà ancora più romantico!), godetevi tutto il tempo per stare insieme. Fermatevi in un bar per una tazza di cioccolata calda o un aperitivo.
La cena, in casa, con tanta immaginazione e amore si può creare una cena romantica in due a lume di candela. San Valentino è l’occasione perfetta per organizzare un tete – à –tete con la vostra dolce metà.
E per prendere per la gola il vostro partner, perché non provate le ricette golosissime della nostra brava Ezia Scegliete il vostro menu di San Valentino e prendetevi la soddisfazione di aver creato, con le vostre mani, la cena perfetta!
Uscite dopocena per un bel dolcetto, in un posto carino. E’ l’iniziativa che conta!
E per i regali?
Fiori e cioccolatini per lei, si’, ma accompagnati da una bella lettera d’amore, o un ciondolo da tenere sempre con sé, con la tua iniziale, un rossetto o un profumo.
Per lui, una custodia colore rosso per lo smartphone, iPhone, iPad, un collage con le vostre foto più belle, oppure una bella torta a forma di cuore!
Buon San Valentino a tutti!
Un viaggio iniziatico di un padre e un figlio in uno splendido bianco e nero.
Il nuovo film di Alexander Payne, è un piccolo gioiello, un’attenta analisi del rapporto tra un padre e un figlio.
Nebraska” è un esempio di come il cinema americano riesca a raccontare con profonda sensibilità e realismo, le contraddizioni sociali dell’America profonda.
La storia del film è semplice e lineare, come una canzone country. Woody Grant (Interpretato da Bruce Dern) è un vecchio padre di famiglia con gravi problemi di alcol che crede di aver vinto un milione di dollari grazie ad un concorso della Mega Sweepstakes Marketing. Decide così di mettersi in viaggio, dal Montana al Nebraska, a piedi.
Suo figlio David (Will Forte), dopo vari tentativi di dissuaderlo, decide di accompagnarlo in macchina, lasciandogli credere che il fruttuoso premio sia reale. Sua moglie Kate (l’eccellente June Squibb) è contraria al viaggio, ma accetterà di venire nella cittadina in cui viveva prima dove il marito e il figlio hanno fatto sosta prima di raggiungere la città di Lincoln.
Per l’occasione ci sarà una rimpatriata di famiglia. Dopo che la falsa notizia della vincita si è diffusa, i vecchi amici e alcuni parenti inizieranno a pretendere dei soldi da Woody, ma quando scopriranno che la vincita è fasulla lasceranno perdere deridendo l’anziano Woody. Arrivato a Lincoln, Woody chiede di riscattare il premio ma verrà confermato che non è lui il vincitore, e quindi tornerà a casa con David, che gli compra un furgone nuovo (come il padre desiderava). La scena in cui Bruce Dern guida il pick up è una delle più struggenti e commoventi della pellicola.
Gli elementi che rendono “Nebraska” un grande film sono diversi. Innanzitutto l’oculata scelta del bianco e nero che accentua il realismo della storia e rende più suggestiva la descrizione di questi paesaggi desolati e melanconici come i dipinti di Edward Hopper o come nei romanzi di John Steinbeck.
La splendida sceneggiatura di Bob Nelson è sorretta dall’evocativa musica acustica di Bill Orton che contribuisce a fare del film una sorta di ballata folk, tipica dei grandi spazi americani. Infine il cast composto da un attore straordinario come Bruce Dern, sorretto da un caratterista di razza come Stacy Keach. La caratteristica sorprendente di “Nebraska” è come i volti degli anziani che popolano il film siano così espressivi, veri. Le rughe dei loro volti descrivono la vita dei quei posti desolati e immutabili nel tempo. La tecnica del “road movie” iniziatico è molto cara al cinema indipendente americano.
Attraverso il viaggio, due perfetti sconosciuti come l’anziano Woody e il disilluso figlio David, riusciranno finalmente a condividere sentimenti, speranze e le tante amarezze della vita.
Al giorno d’oggi si fa un gran parlare del problema della “sovrappopolazione“. Stando alla teoria più in voga del momento, l’umanità non sarebbe più sostenibile per il pianeta e occorre fare in modo che venga dimezzata. Questa teoria non è nient’altro che una nuova variante delle idee di Thomas Malthus, il quale affermava che la crescita della povertà e della fame nel mondo è dovuta quasi solamente alla crescita demografica mentre non indagava gli aspetti relativi alle contraddizioni economiche e sociali del problema.
Malthusianesimo e eugenetica:
Il malthusianesimo è stata un’ideologia molto popolare nell’Ottocento e nel primo Novecento e influenzò profondamente Herbert Spencer, il fondatore del darwinismo sociale, ideologia che costituì un fondamentale supporto teorico alla teoria e alla pratica dell’eugenetica.
Gli USA furono avviate politiche eugenetiche che consistevano perlopiù nella sterilizzazione coatta delle persone considerate deboli o “inadatte”: sopratutto disabili fisici o mentali, persone affette da disturbi psichici, appartenenti a minoranze etniche e addirittura epilettici
In seguito le pratiche eugenetiche si diffusero sempre di più oltre i confini statunitensi e raggiunsero l’apice in Germania con il famigerato programma dell’ Aktion T4, basato sulla sterilizzazione coatta e sull’uccisione sistematica di individui disabili fisici e mentali e affetti da problematiche psichiche e sociali.
Finita la II guerra mondiale l’eugenetica era ormai caduta in disuso, ma nonostante ciò continuò ad essere applicata nella Svezia sino al 1975 e gli ultimi esperimenti diretti di tal tipo furono eseguiti in Svizzera nel 1985.
Questione ambientale:
Tra i cosiddetti neo malthusiani è molto diffusa l’idea che l’essere umano rappresenta in quanto tale un pericolo per l’ambiente nel suo insieme e per questo bisogna al più presto dimezzarne radicalmente la diffusione, e ambire alla “crescita zero” demografica. Alcuni sostengono che bisogna adottare politiche radicali di controllo delle nascite per questo, anche di stampo autoritario prendendo esempio della “politica del figlio unico” cinese.
Queste proposte, tanto semplicistiche quanto pericolose, non rappresentano la soluzione al problema, le quali cause vanno ricercate perlopiù negli estremi squilibri e danni causati dal modello di sviluppo economico attuale, incentrato sulla crescita economica sregolata e sul disprezzo verso la natura e l’ecosistema nel suo complesso. Inquinamento, urbanizzazione selvaggia, deforestazione, specie animali in via di estinzione e molto altro sono l’altra faccia dello sviluppo e del progresso economico ottenuto a scapito del benessere ecologico e della stabilità ambientale.
Questione economica:
Ultimamente con l’avvento della cosiddetta “rivoluzione verde“, che al di là del nome portò a un’aumento vertiginoso di sfruttamento ambientale, inquinamento e distruzione delle biodiversità, e sopratutto con l’adozione su vasta scala dello stile di vita consumista la situazione è gravemente peggiorata.
E qua entra in gioco anche la stessa sovrappopolazione: infatti dall’adozione dell’attuale modello di sviluppo in soli cent’anni la popolazione mondiale è aumentata di quasi 6 miliardi.
Vista in quest’ottica il problema stesso della sovrappopolazione risulta diverso e la sua versione ideologica corrente si dimostra un mito. Il problema non è tanto o solo la crescita demografica in sé, ma è l’attuale modello di sviluppo che è del tutto insostenibile e che sta distruggendo l’ambiente e gli equilibri ecologici.
Sarebbe troppo facile dare la colpa di tutto questo a tutti gli esser umani indistintamente e non menzionare per esempio il ruolo delle multinazionali e dei poteri economici in generale.
Infatti, dalla metà del XX secolo in poi, il potere delle corporations si è fatto praticamente assoluto e onnipresente, ed è stata avviata una gigantesca campagna propagandistica (la pubblicità commerciale con cui siamo “bombardati” ogni giorno) per giustificare e imporre lo stile di vita consumista in Occidente, e oggi sempre di più nel mondo intero.
Conflitti d’interesse:
Un fatto interessante è che ora le stesse corporations che per anni e anni hanno devastato, inquinato, sfruttato l’ambiente e contributo al massacro di animali e alla deforestazione selvaggia, propagandato l’uso di energie non rinnovabili e dannose come il carbone, il petrolio e il nucleare e tanto altro, ora si “tingano” di verde e propongano una forma molto ambigua di “sviluppo sostenibile”
Interessante anche il fatto che il gruppo dei Rockfeller, proprietario della compagnia petrolifera più inquinante e distruttiva del mondo, la Exxon (un tempo chiamata “Standard Oil“) e finanziatore della rivoluzione verde (che contribuì ad aumentare la popolazione mondiale), sia impegnato da tempo sulla lotta alla sovrappopolazione mondiale, e sia arrivato negli anni 70 a finanziare il Club di Roma.
Oggi più che mai David Rockfeller, uno tra gli uomini più ricchi e potenti del mondo, è uno dei principali sostenitori della teoria della sovrappopolazione (su Youtube si può vedere un suo “memorabile” discorso all’ONU su questo tema) … Molto interessante la sua “carriera”: un passato come amministratore della Chase Manhattan Bank, azionista della già citata Exxon e della General Elettric, e infaticabile lobbista e membro fisso di organizzazioni elitarie come il Council on Foreign Relations, la Trilateral Commision e il Bilderberg.
La decrescita economica come soluzione:
Il modello di sviluppo economico selvaggio oltre ad aver portato a innumerevoli danni ambientali, ha contribuito enormemente alla diffusione di malattie fisiche (diabete e obesità in primis) e al malessere in generale. Oggi come non mai viviamo in uno stato di opulenza, ma d’altro canto il cancro è diffuso come non mai (e la sua causa principale al giorno d’oggi è l’inquinamento), le diseguaglianze economiche e sociali son diventate enormi, l’insoddisfazione e lo stress regnano sovrani, le dipendenze (da fumo, alcool, cibo, gioco d’azzardo, prodotti tecnologici, sostanze stupefacenti ecc.), son aumentate vertiginosamente, ed inoltre ci si è imbarcati in un circolo vizioso di guerre combattute per il controllo delle risorse.
Questo sistema basato sull’illusione della crescita economica illimitata è totalmente insostenibile e urge un forte cambiamento del sistema economico e sociale dominante, e di conseguenza degli stili di vita dipendenti da esso.
La soluzione è la decrescita economica, la teoria elaborata dall’economista e filosofo Serge Latouche secondo cui la società deve transitare dal modello attuale di sviluppo economico basato sulla quantità, sullo spreco e sulla massificazione totale a uno basato sull’ abbondanza frugale, la qualità e il benessere umano nel rispetto dell’ecosistema e dei suoi limiti.
Un nuovo paradigma:
Latouche da anni sostiene che la decrescita deve essere volontaria e sopratutto felice e come questa, sia l’alternativa maggiormente praticabile alle inevitabili crisi economiche e finanziarie su cui il nostro sistema attuale è basato.
Decrescita felice e consapevole quindi piuttosto che decrescita traumatica e infelice come avverrà se non si cambia paradigma e si rimette in discussione l’intero sistema dominante a partire dalle sue basi .
Tutto ciò non significa assolutamente tornare al Medioevo, ma anzi proiettarsi verso un futuro migliore dove il benessere umano conterrà più degli standard economici e dell’avidità commerciale eretta a norma .
La società prospettata da Latouche e dai sostenitori della decrescita è basata sulla valorizzazione dell’essere umano in quanto tale, sulla tutela dell’ambiente e degli animali non umani e la difesa delle biodiversità, e non sulla demonizzazione della tecnologia o dello sviluppo umano in sé, come spesso si pensa.
Difatti la tecnologia e lo sviluppo economico non verrebbero cancellati ma, anzi, migliorati e portati a un’indispensabile maturazione dove non ci sia più spazio per la cultura dello spreco, che è stata la base del modello di sviluppo moderno e a cui ci siamo abituati dopo anni e anni di “lavaggio del cervello” da parte della pubblicità commerciale.
Il modello di sviluppo moderno che viene criticato dai sostenitori della decrescita si è basato totalmente sulla promozione di tutto ciò che è dannoso per l’ambiente e per lo stesso essere umano.
Il cambio di paradigma dovrà essere prima di tutto un cambiamento individuale del proprio stile di vita: ad esempio, optare qualche volta per un’alimentazione sana e naturale invece del classico cibo spazzatura, optare per una scelta etica e sana dal punto di vista alimentare come il vegetarianismo o il veganismo, non farsi ipnotizzare dalle illusioni vendute dalle pubblicità commerciali e dai mass media in generale e tanto altro.
La questione è un pò più complicata e da approfondire, comunque è chiaro che il problema principale non è amputabile alla crescita demografica o solo ad essa, ma sopratutto al modello di sviluppo o alla degenerazione di esso portata, cose che tra l’altro anche lo stesso Latouche ha affermato.
Manca una settimana all’inizio di Milano Moda Donna, l’evento più prestigioso organizzato da Camera Nazionale della Moda Italiana. Dal 19 al 24 Febbraio, Milano ospiterà più di 170 sfilate e presentazioni di oltre 60 marchi di moda più famosi, promuovendo i brand che hanno reso celebre il Made in Italy nel mondo intero, come Armani, Gucci, Prada, Dolce&Gabbana, Fendi, Versace, ma anche le collezioni dei giovani stylist per Autunno/Inverno 2014-2015.
Le sfilate della collezione donna sono uno dei momenti più attesi dal fashion system internazionale, un punto di riferimento per il prèt-à-porter e gli operatori della moda, con i suoi due appuntamenti all’anno (Settembre-Ottobre, Collezioni Primavera/Estate, e Febbraio-Marzo, Collezioni Autunno/Inverno). La Settimana della Moda a Milano segue a quella di New York (5-13 Febbraio) e Londra (14-18 Febbraio), e precede quella di Parigi (25 Febbraio – 4 Marzo).
La Milan Fashion Week si terrà negli spazi più esclusivi della città, nel nuovo Fashion Hub di Piazza Mercanti e all’interno del Castello Sforzesco.
Le due novità di questa edizione sono la presenza dei monitor nei punti più importanti di Milano che trasmetteranno in screaming le sfilate, e le navette che collegheranno le vari location dei fashion show. Dal 19 al 24 Febbraio, ecco in anteprima il calendario provvisorio delle sfilate:
Milan Fashion Week, Sfilate del 19 Febbraio 2014:
10:30 Angelo Marani – Via Clerici, 5
11:30 Simonetta Ravizza – Piazza Mercanti, 1
12:30 Byblos Milano – Location da definire
14:00 Gucci 2 sfilate) – Piazza Oberdan, 2/B
15:00 Frankie Morello – Location da comunicare
16:00 Fay – Corso Venezia, 16
17:00 Alberta Ferretti – Via Melegari, 3
18:00 No. 21 – Via A.Maiocchi, 5/7
19:00 Fausto Puglisi – Corso Venezia, 16
20:00 Francesco Scognamiglio – Corso Venezia, 48
Milan Fashion Week, Sfilate del 20 Febbraio 2014:
9:30 Max Mara – Via Melegari, 3
10:30 Blugirl – Via Clerici, 5
11:30 Andrea Incontri – Piazza Duomo, Scalone Arengario
12:30 Fendi – Via Solari, 35
14:00 Just Cavalli – Arco della Pace, Parco Sempione
15:00 Krizia – Via Manin, 21
16:00 Costume National – Viale Emilio Alemagna, 6
17:00 Cristiano Burani – Piazza Duomo, Scalone Arengario
18:00 Prada – Via A. Fogazzaro, 36
18:00 Daniela Gregis – Piazza Sant’Ambrogio, 23/A
19:00 Ports 1961 – Via Maiocchi, 5/7
20:00 Moschino – Location da comunicare
Milan Fashion Week, Sfilate del 21 Febbraio 2014:
9:30 Blumarine – Via Melegari, 3
10:30 Emporio Armani – Via Bergognone, 59
11:30 Genny – Via Forcella, 6
12:30 Sportmax – Via Maiocchi, 5/7
14:00 Etro – Via Piranesi, 14
15:00 Les Copains – Piazza Mercanti, 1
16:00 Iceberg – Via Palermo, 10
17:00 Tod’s – Via Palestro, 14
18:00 Luisa Beccaria – Location da definire
19:00 Aigner – Via Gesù, 5
20:00 Versace (2 sfilate) – Via Gesù, 12
Milan Fashion Week, Sfilate del 22 Febbraio 2014:
9:30 Bottega Veneta – Via priv. Ercole Marelli, 6
11:30 Ermanno Scervino – Via Melegari, 3
12:30 Roberto Cavalli – Arco della Pace, Piazza Sempione
14:00 Antonio Marras – Via Maiocchi, 5/7
15:00 Jil Sander (2 sfilate) – Via Beltrami, 5
16:00 Cividini – Via Clerici, 5
17:00 Gabriele Colangelo – Piazza Mercanti, 1
18:00 Aquilano.Rimondi – Location da definire
19:00 Emilio Pucci (2 sfilate) Corso Venezia, 16
20:00 Uma Wang – Piazza Duomo, Scalone Arengario
Milan Fashion Week, Sfilate del 23 Febbraio 2014:
9:30 Grinko – Via Clerici, 5
10:15 Marni (2 sfilate) – Viale Umbria, 42
11:00 Roccobarocco – Piazza Mercanti, 1
12:00 Laura Biagiotti – Via Rivoli, 6
13:00 John Richmond – Via Melegari, 3
14:00 Chicca Lualdi BeeQueen – Location da definire
15:00 Trussardi – Corso Venezia, 16
16:00 Missoni – Via Savona, 56/A
17:00 Marco de Vincenzo – Piazza Duomo, Scalone Arengario
18:00 Salvatore Ferragamo – Piazza Affari, 6
19:00 MSGM – Via Maiocchi, 5/7
20:00 Anteprima – Via Turati, 34
20:30 Musso – Via Macedonio Melloni, 9
21:00 Philippe Plein – Piazza Vetra, 7
Milan Fashion Week, Sfilate del 24 Febbraio 2014:
9:30 DSquared2 – Via Valtellina, 25
10:30 Giorgio Armani (2 sfilate) – Via Bergognone, 59
11:30 Massimo Rebecchi – Via Clerici, 5
12:30 Stella Jean – Piazza Duomo, Scalone Arengario
13:30 New Upcoming Designers
14:30 Next Generation – Piazza Mercanti, 1
Su pandorando.it potrai trovare ogni giorno le sfilate della Settimana della Moda a Milano, i backstage delle sfilate e i dettagli delle collezioni Autunno/Inverno 2014-2015, dei brand italiani ed internazionali di abbigliamento e accessori.
Tipico dei mesi più freddi e caratterizzato da tenere foglie di color verde scuro dalla superficie bollosa, il cavolo nero, detto anche kale, è una varietà di ortaggio la cui croccantezza lo rende ideale per la preparazione di minestroni e zuppe – rappresenta uno degli ingredienti base della famosa ribollita toscana – ma è buono anche consumato crudo, ad esempio nelle insalate.
Kale: le proprietà
Il cavolo nero è una riserva di risorse benefiche,antiossidanti e decongestionanti in primis. Ma contiene anche una buona dose di sali minerali e vitamina C, vaccino naturale contro virus, influenze e raffreddamenti.
In passato il cavolo nero, le cui foglie venivano pestate e bendate intorno alla parte dolorante, è stato anche spesso utilizzato con successo per curare distorsioni, botte e infiammazioni articolari.
Recenti studi hanno anche confermato che il cavolo nero è utile nella prevenzione di numerose forme tumorali (cancro al colon, al retto, allo stomaco, alla prostata e alla vescica), e risulta efficace per coadiuvare la cura dell’ulcera gastrica e delle coliti ulcerose.
Affinchè il kale non perda tutte queste preziose proprietà andrebbe consumato crudo o dopo essere stato bollito per non più di 5 minuti, per non alterare troppo la qualità e le doti delle fibre vegetali presenti.
Come cucinare il cavolo nero:
Oltre che cucinato al vapore, il cavolo nero può anche essere consumato sotto forma di centrifugatoda bere prima del pranzo o della cena: costituirà così anche un ottimo spezzafame. Caratterizzato da un sapore più deciso rispetto agli altri cavoli, può anche essere aggiunto crudo alle insalate: ne basta una foglia sola, affettata finissima, abbinata a rucola e radicchio e condita con olio d’oliva e succo di limone, per ottenere un contorno altamente depurativo per il fegato i reni.
Capace di dare un tocco di sapore molto particolare se stufato con la carne di maiale, il kale può essere anche aggiunto nelle frittate o utilizzato per la preparazione di gustose torte salate.
Kale: come conservarlo:
acquistate il cavolo nero accertatevi che si fresco, che abbia cioè foglie di colore brillante, piccole e senza macchie.
Una volta giunte a casa, se non intendete cucinarlo subito, riponetelo in frigo senza lavarlo ma avvolgendolo in un foglio di carta assorbente umido. In questo modo si conserverà per più giorni. Se invece volete congelarlo, prima sbollentatelo qualche minuto.
Sono iniziate il 27 gennaio le riprese del nuovo film del regista romano di Alessandro Ceccarelli Dopo il “profetico” Habemus Papam”, uscito nelll’aprile di tre anni fa, l’attore Nanni Moretti è tornato sul set per una nuova avventura cinematografica.
Sono iniziate il 27 gennaio le riprese del nuovo film del regista nato a Brunico. Il titolo è tutto un programma: “Mia madre”.
Sarà una pellicola che analizzerà i complessi e conflittuali rapporti tra una donna e la sua madre. Una sorta di “Sinfonia d’autunno” di Ingmar Bergman. Prodotto da Fandango, Sacher Film, Rai Cinema in co-produzione con la società francese Le Pacte e con Arte, su sceneggiatura di Nanni Moretti, Francesco Piccolo e Valia Santella, “Mia madre” è interpretato da Margherita Buy, John Turturro, Giulia Lazzarini, Nanni Moretti e dalla giovane Beatrice Mancini.
“Mia madre” sarà distribuito in Italia da “01 Distribution”, in Francia da Le Pacte e nel resto del mondo da Film Distribution.
La storia è quella di una regista di successo (il personaggio della Buy), tanto potente sul set quanto fragile nella vita privata. Se infatti prima di battere il ciak la donna è in grado di tenere il comando totale della sua troupe, quando torna a casa la vedremo in balia della madre sofferente e del giovane figlio silenzioso. John Turturro avrà il ruolo di un attore americano impegnato sul set della regista. Moretti, invece, sarà il fratello della protagonista.
“Il regista non sottovaluta mai l’intelligenza del suo pubblico – ha dichiarato il capo di Films Distribution, Nicolas Brigaud Robert – Questo film è una commedia drammatica che contiene il soliti toni di Moretti, tra dramma, humour e sarcasmo”.
Il budget di “Mia madre” si aggira intorno agli 8 milioni di euro. Il cineasta parla del suo nuovo film: “Descrive la nostra confusione, la nostra difficoltà a comprendere e a raccontare una crisi culturale e sociale che riguarda tutti”.