Oscillano da 2.500 euro per arrivare ad un massimo di 100mila euro le sanzioni per chi commercializza ancora sacchetti per la spesa in plastica. Lo fa sapere in una nota Assobioplastiche, l’Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili, ricordando che le sanzioni, scattate dallo scorso 21 agosto, sono previste dalla legge di conversione del decreto legge competitività, che ha completato l’iter della normativa italiana sulla commercializzazione degli shopper monouso non biodegradabili e compostabili.
La normativa introduce l’obbligo dei sacchetti monouso biodegradabili e compostabili secondo la norma UNI EN 13432:2002 o, ovviamente, di quelli riutilizzabili secondo precisi requisiti di spessore.
Assobioplastiche ricorda che gli enti certificatori più comunemente utilizzati dai produttori dei manufatti biodegradabili e compostabili al fine di certificarne la piena rispondenza alla UNI EN 13432:2002 sono AIB Vincotte, Certiquality s.r.l. e Dincertco.
In Italia, aggiunge poi l’associazione, è stato sviluppato da alcuni anni un efficiente sistema di marcatura e riconoscimento dei manufatti biodegradabili e compostabili a cura del Consorzio Italiano Compostatori che rilascia il marchio “Compostabile-CIC”.
Infine, quanto ai sacchi non biodegradabili e compostabili – conclude Assobioplastiche – gli spessori che questi debbono possedere per essere considerati riutilizzabili, e dunque commercializzabili, sono quelli indicati dalla normativa di cui sopra, ossia 200 micron per i sacchi con maniglia esterna destinati all’uso alimentare, 100 micron per i sacchi con maniglia esterna non destinati all’uso alimentare, e per i sacchi cosiddetti a fagiolo, cioè senza manici esterni, 100 micron se destinati all’uso alimentare, 60 micron se non destinati all’uso alimentare. (ANSA).