La Stonhenge calabra
Stonhenge calabra – Fame di Sud ha ricevuto l’autorizzazione a pubblicare le sensazionali immagini del sopralluogo avvenuto poco più di un anno fa, presso i boschi di Stilo (Reggio Calabria) degli imponenti resti di un complesso megalitico che potrebbe forse risalire al IV-III millennio avanti Cristo ed essere probabilmente riconducibile alla mitica popolazione dei Pelasgi di cui parla Omero. Alcune di queste immagini sono comparse sui media nelle ultime quarantott’ore, ma noi grazie alla disponibilità del Diving Center Punta Stilo di Alfina e Mario Tassone, possiamo pubblicarne un numero maggiore mostrandovi i molteplici aspetti del sito scoperto.
L’inizio
Era l’ 11 Aprile 2003 quando Alfina e Mario Tassone del Diving Center Punta Stilo, rispettivamente Direttrice e Presidente, segnalano la loro scoperta alla Soprintendente, all’Ispettrice di Zona della Soprintendenza Archeologica della Calabria, al Direttore Editoriale di ‘Era’ rivista dedicata ai misteri che pubblicò un servizio dal titolo “Siti Megalitici, Ley, Simboli Cuneiformi, una Piramide, nel Bosco di Stilo”. Eppure nulla di eclatante accadde. Almeno fino a quando, come è accaduto nel 2012, non è stato fatto un nuovo sopralluogo i cui esiti sono stati ripresi dalla stampa. A distanza di anni un gruppo di ricercatori appassionati di misteri archeologici guidati dal Dott. Giuseppe Oliva e composto anche da altre persone fra cui i signori Tassone, ha effettuato una nuova visita sul posto e realizzato un ampio servizio fotografico oltre a un’intervista video con i segnalatori che vi mostreremo in calce a questo post, nei commenti. Adesso i materiali d’osservazione raccolti dovrebbero – si spera – giungere all’Università di Cosenza per essere eventualmente sottoposti al vaglio di studiosi ed esperti del settore archeologico e antropologico.
Racconto di una scoperta sensazionale
Ci troviamo nel cuore di quella che un tempo si chiamava Calabria Ultra, verso l’estrema punta dello Stivale, in luoghi legati a personaggi storici come il re di Napoli Ferdinando II di Borbone che da queste parti aveva la fabbrica di armi del Regno, il garibaldino Achille Fazzari che qui si ritirò ad occuparsi delle sue proprietà o la celebre giornalista e scrittrice Matilde Serao che raccontò questo territorio nei suoi scritti.
Inghiottita da una fitta vegetazione dalle parti di Ferdinandea, una sommità del gran bosco di Stilo che fa da confine fra le tre province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vibo Valentia, dorme di un sonno millenario un leggendario e dimenticato “villaggio megalitico”. Un susseguirsi di blocchi dalle svariate forme con simboli particolari, alcuni dei quali, forse, cuneiformi. Protetto dal suo sottobosco impenetrabile, è di fatto isolato. In pochissimi possono affermare di averlo visto. Arrivarci è un’impresa ardua. Nella stagione fredda diventa impossibile. Gli unici momenti favorevoli sono l’inizio della primavera, quando la flora non è ancora esuberante e la fine dell’estate, quando il percorso è più facilmente leggibile. Non esiste una mulattiera percorribile: rovi e alberi intrecciati a mò di labirinto sbarrano più volte l’ascesa sul ripido versante e non è raro sentire sibilare le vipere. È un posto fuori dal tempo e non alla portata della semplice curiosità dei camminatori feriali. Ma è questo l’aspetto più affascinante, che attira l’attenzione e la curiosità.
Un mondo nel mondo. E ancor più sorprendente è il fatto che queste difficoltà non hanno fermato due giovani ricercatori stilesi, Mario e Alfina Tassone. Il luogo impervio non ha impedito la scoperta a questi due esperti subacquei di fama internazionale, appassionati di storia locale e responsabili del Diving Center “Punta Stilo” (www.divingcenterpuntastilo.it), istituito circa vent’anni fa nella “Città del Sole” dell’illustre frate domenicano Tommaso Campanella. Qualche voce era giunta alle loro orecchie, ma ad incuriosirli sono state proprio le misteriose geometrie visibili tramite mappe, ricerche documentali e numeriche, programmi di immagini satellitari come Google Earth. E proprio tramite questi strumenti alla mano, Mario e Alfina hanno deciso di sfidare il bosco di Stilo con il dottor Giuseppe Oliva e con alcuni membri dell’associazione ‘Misteryhunters’ tra cui i dott. Gioia Aurelio, Gerardo Coppola e Roberto Iera, avventurandosi tra boschi di castagno, lecci e faggi e rovi spinosi per poter mirare questo tesoro nascosto, al segreto dell’incontaminato bosco a cavallo tra le Serre e l’Aspromonte.
Là, in cima, c’è la testimonianza probabilmente di un’antica presenza umana: un grande villaggio di pietre granitiche con evidenti tracce di quarzo, perfettamente evidenti. Esattamente sono tre le località tutte consecutive che devono essere oggetto di subitanei studi approfonditi. Lì vicino poi c’è anche una piattaforma di pietra semisepolta con impressa una figura parallelepipeda, intensamente scolpita nella roccia. Una serie di simboli, incisi nelle pietra, potrebbe avvalorare la tesi di unità e continuità in merito all’appartenenza a popolazioni simili o a una origine comune di coloro che ne hanno lasciato traccia in diversi luoghi d’Europa. I simboli sono: la spirale, il rombo o losanga, i segni a coppella, il labirinto. In tutta le aree dove si conservano i resti dei complessi in pietra in genere, secondo alcuni studiosi, il terreno possiede degli “strani poteri”, in grado di influenzare il corso della vita delle piante, degli animali e degli uomini. Come, ad esempio, la crescita rapida e abbondante dei vegetali, la fecondità accertata di uomini e animali, una sorta di benessere psico-fisico delle persone a contatto con la pietra. Di sicuro, oltre ai primi uomini del neolitico ed ai tagliatori di pietra (come si nota da tracce visibili) questo luogo potrebbe essere stato (o lo è ancora) punto di incontro di misteriosi raggruppamenti spirituali.
“Non mi sento di dare una datazione o un’attribuzione a tutto ciò – spiega Mario Tassone – ritengo piuttosto che sia necessaria un’attenzione particolare al sito da parte delle Università e della Soprintendenza. Ma l’idea che nel cuore del bosco si celi da decine di secoli un villaggio megalitico mi emoziona”.
Nel contesto di quella che potrebbe rivelarsi una grande scoperta, Mario e Alfina Tassone con gli altrri ricercatori hanno trovato, nel sito, una struttura simile a una piramide, di notevole dimensioni e di epoca sconosciuta. La costruzione presenta una fabbricazione uniforme in pietra e malta e nel centro della medesima, quasi collocata con un preciso significato, spicca una grande pietra forse granitica di forma più o meno ellissoidale. Certamente i primi elementi raccolti circa la costruzione della piramide, portano a ritenere che essa sia opera dell’uomo. Tale figura geometrica oltre a essere tradizionalmente simbolo della carboneria e della massoneria, simboleggiava anche una scala, un mezzo di tramite per la salita verso il cielo. La base della Piramide è un quadrato e la simbologia del quadrato è ricca: nella tradizione corrisponde alla terra, alla stabilità, alla sostanza, all’immutabilità. I quattro triangoli che partono dal quadrato di base della Piramide terminano con Uno, il piramidion (la sommità), ovvero il divino. Inoltre esprimono le radiazioni solari raffigurate da un fascio triangolare di raggi provenienti dal sole. La Piramide concentra quindi il calore e la luce divina, canalizzandoli verso i corpi posti in essa (l’iniziato).
“Chiedendo informazioni sul luogo ci venne indicato – affermano i due scopritori – che vi è una strada che si chiama “U Triangulu” al limite delle tre province. Non solo. Nell’area vi sono tre grandi massi di pietre che lo perimetrano: Pietra Spada; Pietra del Caricatore; Pietra del Boario […] A questo punto ci siamo resi conto che questi siti potevano avere a che fare con il sito megalitico di Nardodipace, da lì poco distante. L’allineamento di vari siti storici e preistorici, in linee dritte attraverso la campagna fu notato per la prima volta nel XIX secolo” continuano Mario e AlfinaTassone. “Ma fu il libro di Alfred Watkins ‘The Old Straight Track’, pubblicato nel 1925 che fece conoscere questo fenomeno a un pubblico più vasto. Watkins – affermano – aveva scoperto una vasta rete di allineamenti che includeva terrapieni, menhir, monumenti circolari, circoli di pietre preistorici, chiese medioevali e simili. Egli chiamò questi allineamenti, che di solito corrono per parecchie miglia, “ley”. Da qui «Watkins presenta le prove dell’esistenza di ley in molte parti dell’Inghilterra e Galles. Da allora, altri ricercatori hanno di mostrato che gli allineamenti sono identificabili in tutta la Gran Bretagna e l’Irlanda. In verità, esistono indicazioni di fenomeni analoghi in altre parti del mondo, come per esempio le famose linee di Nazca in Perù e gli allineamenti in direzione di Pueblo Alto nel Chaco Canyon in New Mexico».
Dalle prime osservazioni sul sito di Stilo parrebbe evincersi che i luoghi in cui le pietre sono state collocate vada a ricollegarsi alla struttura fisica del paesaggio e probabilmente ai fenomeni astronomici più importanti all’orizzonte relativi al sole e alla luna. Si sospetta inoltre che così come è rilevabile in altre aree europee con presenze megalitiche, anche in questa zona della Calabria potrebbe esistere un elevato numero di presunti menhir isolati. Si ritiene che molti di questi siti sparsi per il pianeta siano posizionati in luoghi con anomalie geofisiche calcolabili: energie terrestri che sembrano fluttuare in potenza radiante a seconda delle influenze cicliche dei diversi corpi celesti (principalmente il sole e la luna ma anche i pianeti e le stelle); l’architettura di queste pietre potrebbe essere stata ideata per indicare in modo visibile quelle particolari fasi di accresciuta ”potenza energetica” dei siti, fasi utilizzate dal popolo per vari scopi, da quelli terapeutici a quelli divinatori.
Nel corso della perlustrazione del sito – come emerge da alcune delle foto – sono stati trovati alcuni alberi letteralmente carbonizzati da un fuoco che sembrerebbe appiccato abbastanza di recente. La cosa inquietante è che sul tronco di uno di essi sono chiaramente visibili tre croci lignee appese: la scena farebbe pensare allo svolgimento di qualche strano rito, quanto collegato alla natura del luogo non si sa. Insomma un mistero nel mistero.
La scoperta di Stilo adesso solleverà una serie di domande, come ad esempio quelle riguardanti il modo in cui queste enormi pietre siano state portate fino in quel luogo sperduto, chi le abbia portate e lo scopo della costruzione di queste strutture che certamente poco sanno di fenomeno naturale. Inoltre, se la datazione fosse corretta, allora esse sarebbero antiche quanto la civiltà neolitica? Mario e Alfina Tassone – che nelle ultime ore hanno ricevuto i complimenti dell’Assessore alla Cultura della Regione Calabria on. Mario Caligiuri – chiedono ora che gli esperti trovino risposte a queste domande.
Fonte