Complici di Marchionne nel massacro di Pomigliano

Vittorio Granillo

Pomigliano – Tutti assieme e tutti coinvolti, dalla giunta regionale ai sindacati firmatari di tutti gli accordi (Fim, Uilm, Fismic), in un vero e proprio “piano” di dismissioni mascherato, che permettesse all’azienda ogni azione nei confronti dei suoi dipendenti, sino ad un vero e proprio stalking professionale, fatto di continui rinvii del rientro ad un lavoro che non c’è più e continue riconferme di una cassa integrazione senza fine.
Questo ed altro nella denuncia presentata alla Procura di Nola dal sindacato Slai cobas, un vero e proprio dossier che ripercorre le tappe dei vari, e mai realizzati, piani industriali di Marchionne, gli esborsi di denaro pubblico concessi, la creazione del “polo di eccellenza” di Nola, dove in effetti venivano “deportati” gli operai sindacalizzati o infortunati, per essere, col tempo, definitivamente licenziati.
Due suicidi, decine di tentativi di togliersi la vita, nel silenzio dei media, pronti a mettere l’accento più sulla rabbia e sulla protesta di piazza, che a denunciare, come una corretta informazione avrebbe l’obbligo di fare, quel furto di risorse pubbliche che Fiat ed istituzioni hanno nei fatti operato nel tempo, complici, in tutti i sensi, del ridimensionamento produttivo e dei diritti degli operai, operato nello stabilimento di Pomigliano.
Un centinaio di questi operai davanti alla regione Campania, accolti, dopo trattativa con forze dell’ordine, pronte a difendere chi ruba vita e futuro ai cittadini, nelle stanze inutili di istituzioni sorde. Che il polo di Nola sia una vera e propria truffa ai danni dello Stato, e, soprattutto, di quegli operai che speravano di tornare al lavoro, ormai è chiaro anche alle pietre, meno a chi nasconde i propri accordi sottobanco dietro il velo di un “interesse generale” che mai sfiora, neanche per sbaglio, quello di chi vive di lavoro onestamente.
Risposte?…un impegno a trasmettere gli atti al Ministro dello sviluppo economico, con il conseguente e scontato silenzio sulle responsabilità dirette di quelle parti istituzionali che avrebbero dovuto controllare e validare gli esborsi della collettività per progetti sistematicamente rivelatisi fallimentari.
Siamo difronte ad una operazione parassitaria, che lede gli interessi pubblici – scrive lo Slai cobas nel suo comunicato stampa – proprio alla stregua dei prevedibili fallimenti (e corruzioni diffuse ndr) di quelle grandi opere, Mose, Expo, TAV, che fanno il paio con le scandalose, ed infruttuose, privatizzazioni pubbliche di questi ultimi anni, come Alitalia, Ilva, Alfa Romeo.
Sistema ormai collaudato di spreco senza fine delle risorse pubbliche, di intrecci tra forze politiche ed industriali capaci solo di attingere ai finanziamenti statali senza essere mai in grado né di rilanciare l’occupazione né, meno che meno, migliorare la qualità della produzione, il tutto con l’avvallo di quei sindacati responsabili primi del lento ed inesorabile furto dei diritti sacrosanti di chi lavora.
Sarebbe ora di dire basta, ora che la classe dirigente di questo paese si assumesse le responsabilità del suo fallimento, invece la farsa continua. 250 schiavi “danzanti”, tra operai, impiegati e dirigenti aziendali, corrono a Roma, in permesso retribuito, per “donare” una  Panda a Papa Francesco…sorrisi, telecamere, strette di mano, come se nulla fosse successo…Maria e Pino solo danni “collaterali” della grande truffa a marchio Fiat.

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