La Germania e i rifugiati

images (1)Hakim Bello, originario della Nigeria, ha vissuto in Libia per sei anni fino al 2011, quando la rivolta contro il colonnello Muammar Gheddafi e il successivo intervento della NATO hanno reso la vita insostenibile agli africani neri, che sono diventati il bersaglio di continui attacchi razzisti.
Come migliaia di altri, ha attraversato il Mediterraneo in barca, arrivando sull’isola di Lampedusa, dove è stato trasferito nei centri di accoglienza, prima di essere rilasciato. Ora Hakim spiega, ad un giornalista di Berlino, tutta le peripezie della sua vita e l’istituzione di quel campo di protesta che lui, insieme ad altri, ha chiamato “casa” durante tutto l’anno passato.
Dalla fine del 2012, il campo di Oranienplatz di Berlino, circa una trentina di enormi tende, ornate con slogan come “Noi siamo qui” e “Kein Mensch ist illegale” (Nessuno è illegale) è stato la patria di 200 rifugiati provenienti da diverse parti del mondo. In un primo momento, la protesta è stata locale e specifica: i rifugiati che chiedono asilo politico sono ospitati collettivamente nelle scuole e dentro magazzini in disuso, spesso in sobborghi remoti e in piccole città.
Molti lamentano l’isolamento, aggravato dai ritardi nella trattazione della richiesta al Governo tedesco. Durante questo periodo, le restrizioni economiche hanno impedito loro di lasciare le città per andare a protestare nella capitale. La recentissima marcia a Berlino ha però sfidato pubblicamente questa restrizione.
La presenza del campo è diventata un problema per le Autorità cittadine, che si sono divise equamente in base ai partiti politici di appartenenza. Il sindaco di Kreuzberg, il quartiere in cui si trova Oranienplatz, è un membro del partito dei Verdi e ha affermato che il campo non dovrebbe essere rimosso con la forza. Ma il ministro dell’Interno del Senato di Berlino, membro della CDU, partito di estrema destra, ha adottato una linea più dura, mentre uno dei suoi colleghi di centro-sinistra ha cercato di convogliare gli sforzi per negoziare un compromesso.
Finora il campo è rimasto ed è diventato un simbolo, un simbolo per tutti quelli che fino a quel momento non avevano combattuto. images
A pochi chilometri a est di Oranienplatz, nel sobborgo periferico di Hellersdorf, una ex scuola ospitava famiglie di profughi, ma ora è diventato il focolaio di continue reazioni razziste.
I simpatizzanti del partito di estrema destra NPD, la scorsa estate, hanno preso parte a scontri tra estrema destra e manifestanti anti-fascisti. Oranienplatz è diventata un obiettivo per la violenza: un mese fa hanno bruciato il blocco dei servizi igienici del campo e hanno cercato di dare fuoco a più di una tenda.
Questi incidenti sono ancora limitati, ma il sistema di accoglienza, in Germania, sente la pressione soprattutto in questo momento storico, in cui le richieste sono veramente tante. Nel 2013, secondo l’Agenzia Federale per l’immigrazione ed i rifugiati (BAMF), più di 127.000 persone hanno chiesto aiuti e asilo politico. La BAMF ha aumentato il personale per far fronte alla domanda aggiuntiva, e si è impegnata a elaborare tutte le richieste di asilo entro tre mesi.
L’aumento della domanda è determinato da molti eventi: il conflitto in Siria, la situazione in Afghanistan o anche quella in Cecenia.
Ma secondo Franziska Vilmar, rappresentante dell’ufficio Amnesty International di Berlino, la pressione mostra come il sistema di Dublino, in tutta l’UE è l’insieme delle convenzioni che disciplinano le richieste di asilo, non funzioni più.
In teoria, si suppone che la responsabilità sia tutta a carico del paese dell’UE in cui il rifugiato arriva prima di elaborare la richiesta di asilo.
Rispetto alla quantità di rifugiati che provengono da stati come il Libano, per esempio, la Germania non dovrebbe avere problemi ad affrontare l’attuale numero di richieste.” Queste le parole di Vilmar.
downloadMolti, come Hakim, vogliono solo avere un permesso per trovare lavoro. Sottolinea come molte persone del campo abbiano competenze che potrebbero essere sfruttate.
Voi (europei) venite nel mio paese e vi comportate da re. Io vengo qui e nemmeno mi lasciano lavorare. Io non sono una persona cattiva, ma questo mi fa diventare un africano arrabbiato.
Ma, dice Hakim, dopo più di un anno, che la gente è stanca. Un numero crescente di persone è disposto ad accettare l’offerta del Senato di Berlino di avere alloggi in cambio di una compensazione nelle vicinanze di Oranienplatz. Hakim, che ha partecipato attivamente ai negoziati afferma che un accordo dovrebbe essere imminente.
Per lui, non si tratta solo di una abitazione. “Stiamo facendo tutto questo per ottenere il diritto di vivere e lavorare come esseri umani. Certo che è una pessima scelta per noi rimanere nelle tende: è rumoroso, c’è sempre cattivo odore, di notte si muore dal freddo e ci sono i topi… Ma almeno ci sei, vieni visto. Se te ne vai nessuno ti ascolterà più“.

Anthea Favoriti

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