L’acqua della Libia
Riproponiamo un articolo comparso il 25 marzo 2011 scritto da Paolo della Sala sul sito lapulcedivoltaire.blogosfere.it dove viene spiegata la presenza di acqua sotto il deserto della Libia.
Ma in realtà in tutto il deserto del Sahara ritroviamo bacini di acqua nel suo sottosuolo.
Argomento di cui si conosce molto poco.
L’ignoranza genera mostri e produce miseria. L’Italia dei reality show non è diversa da quella che spediva agricoltori nel deserto libico ai tempi della colonizzazione. Abbiamo partecipato con successo all’estrazione dell’oro nero della Libia, ma abbiamo ignorato l’uranio che si trova nel suo deserto, vicino al Ciad, mentre i francesi ci stavano lavorando, prima di pensare -forse- di prendersi tutta la miniera (del resto la Francia già controlla l’uranio del Ciad).
Inoltre i nostri politici, imprenditori, scienziati ignorano o non hanno saputo comunicare che la Libia è ricchissima di acqua, l’oro blu, un tesoro prezioso quanto il petrolio. Invece -mentre lo studio della storia e della geografia nelle nostre scuole è giunto al grado zero- altrove il sistema scientifico-industriale-militare funziona anche troppo bene.
Nessuno può immaginare quanta acqua ci sia nel sottosuolo libico. Un mare grande quanto la Germania, a una profondità tra i 600 e 100 metri, una riserva di oro blu grande almeno 35.000 chilometri cubici. Il tesoro fu scoperto negli anni ’50, nel corso di esplorazioni petrolifere. In seguito Gheddafi diede vita all’ambizioso e -va detto- riuscito Libya Great Man Made River Project, il fiume artificiale sotterraneo più grande del mondo. In quegli anni in Libia si beveva acqua dissalata, e le lagune salmastre di Bengasi e a nord di Tripoli si erano saldate con le falde dolci, lasciando a secco le coltivazioni della Cirenaica, che al tempo di Erodoto (450 a.C.) erano fertili quanto la Mesopotamia, con ben tre raccolti annui.
Nel 1983 Gheddafi ha creato un Ente con la missione di realizzare il “più grande fiume sotterraneo”, prelevando l’acqua nelle falde del deserto per immetterla in grandi condutture sotterranea e portarla verso la costa. Anni dopo l’acqua dolce è arrivata a Bengasi e Tripoli, e la Libia (con l’aiuto di giapponesi e coreani) è diventata un’autorità nel campo dell’ingegneria idraulica.
Questa immensa riserva -se sfruttata con le tecniche israeliane del Negev- potrebbe rendere fertili 130.000 ettari della Cirenaica, trasformandola in una pianura padana in grado di esportare prodotti agricoli in Africa ed Europa. La Libia può anche vendere acqua. Non dimentichiamo che il Sahara avanza verso nord a una velocità impressionante, tanto che l’Algeria ha creato una “diga verde” grande 300.000 ettari per fermare l’avanzata della sabbia. Intanto negli ultimi dieci anni si sono desertificati 70.000 ettari di terreno, con altri 3 milioni a rischio.
Il tesoro blu della Libia si è formato allo stesso modo del petrolio: il Mediterraneo si è più volte esteso fino al massiccio del Tibesti, e si è ritirato quando si chiuse Gibilterra, lasciando uno strato di rocce e sabbia impermeabile dove sono rimasti acqua e petrolio. La Libia era piovosa ancora in epoca romana, e il suo sottosuolo ha conservato “acqua fossile” di eccellente qualità, vecchia 38.000 anni. Erodoto parla del lago Tritonide, forse un residuo di quando il Mediterraneo ricopriva il deserto del Fezzan (sarebbe questa la mitica sede di Atlantide?). Lo scrittore greco ricorda che le giovani donne di “Cirani” andavano in un lago per trarne delle pagliuzze d’oro immergendovi dei bastoncini intrisi di pece (petrolio), che si trovava ovunque. Se Mussolini avesse letto Erodoto la storia sarebbe cambiata… Come si diceva, l’ignoranza genera mostri e produce miseria.
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