Sequestrato il Muos, carabinieri nella base Usa
Sequestrato il Muos, carabinieri nella base Usa. Il Pentagono sull’orlo di una crisi di nervi – Procuratore: «Ho fatto solo il mio dovere»
La Procura di Caltagirone ha chiesto e ottenuto di porre i sigilli all’impianto militare di telecomunicazione degli USA. Sembrava un pesce d’aprile, ma la conferma arriva dal procuratore capo Giuseppe Verzera: «La decisione del Tar di Palermo cambia radicalmente la situazione, ho ritenuto fondato chiedere il sequestro preventivo che il gip ha confermato»
La procura di Caltagirone ha ordinato il sequestro dell’impianto satellitare Usa Muos nella riserva di Niscemi. Il provvedimento fa seguito alla decisione del Tar di Palermo che aveva accolto i ricorsi dei No-Muos contro la prosecuzione dei lavori di realizzazione dell’impianto di telecomunicazioni nella base americana. Proprio in questi minuti i carabinieri e la polizia municipale stanno apponendo i sigilli al cantiere.
La decisione, inaspettata e dagli effetti rivoluzionari, è stata presa dal Gip su richiesta del procuratore capo di Caltagirone Giuseppe Verzera che spiega a MeridioNews: «La sentenza del Tar ha annullato i provvedimenti autorizzativi, cambiando radicalmente la situazione. Quindi ho ritenuto assolutamente fondato chiedere il sequestro preventivo che il gip ha confermato».
Verzera ricorda che un sequestro già c’era stato in passato. «Il mio predecessore (Paolo Giordano ndr) aveva ottenuto il sequestro, poi annullato dal tribunale delle Libertà, decisione confermata infine dalla Cassazione. Ma adesso questa situazione cambia completamente con la sentenza del Tar».
Il riferimento del procuratore capo è a quanto successo il 6 ottobre del 2012, in concomitanza con una grande manifestazione nazionale. L’entusiasmo degli attivisti quella volta, però, era stato spento qualche settimana dopo con il dissequestro.
Stavolta le conseguenze potrebbero essere rivoluzionarie. A cominciare dai risvolti politici della decisione. Paura delle pressioni? «Non ci penso – risponde il procuratore – ho fatto solo il mio dovere». Il provvedimento è stato già notificato al comandante del contingente militare statunitense presente nella base di Sigonella.
Il provvedimento di oggi affonda le basi nella sentenza del tribunale amministrativo di Palermo che ha accolto i ricorsi del movimento No Muos, presentati dai legali Nello Papandrea, Paola Ottaviano e Nicola Giudice. In sedici pagine i giudici smontano tutti i presupposti su cui si è basata la realizzazione del Muos nella base statunitense di Niscemi. Secondo il Tari lavori per l’impianto satellitare di comunicazioni militari sono «abusivi», perché privi delle necessarie autorizzazioni paesaggistiche e «viziati da difetto di istruttoria». Anche sul piano dei rischi per la salute causati dalle onde elettromagnetiche, il Tar si esprime, seppur indirettamente, facendo propria la relazione del perito Marcello D’Amore, ingegnere e docente all’università La Sapienza di Roma, dallo stesso Tar nominato.
«Lo studio dell’Istituto superiore di sanità si è basato su procedure di calcolo semplificate che non forniscono accettabili indicazioni nell’ottica del caso peggiore». Di conseguenza, il provvedimento della Regione Sicilia – la cosiddetta revoca delle revoche basata proprio sulla relazione dell’Iss – che ha sostanzialmente dato il via libera all’ultimazione del Muos, «è contrassegnata da contraddittorietà fra atti, erroneità dei presupposti e difetto di motivazione».
A seguito della sentenza del Tar, l’associazione Rita Atria, tramite il suo legale Goffredo D’Antona, aveva chiesto il sequestro alla procura di Caltagirone. Già nel luglio del 2013, era stato presentato il primo esposto denunciando il «grave illecito edilizio e ambientale, nonché la consequenziale «omissione degli enti preposti ai controlli». Una nuova denuncia si è aggiunta nel marzo del 2014 ed evidenziava la mancanza della concessione edilizia, ritenuta dalla legge non necessaria solo se le opere destinate alla difesa nazionale siano realizzate dallo stesso ministero della Difesa. Invece in questo caso si tratta di uno Stato estero, gli Usa.
Nelle ultime settimane, i due esposti erano stati ulteriormente integrati da documenti che dimostravano come, nonostante la decisione del Tar, i lavori nel cantiere del Muos continuassero. Si tratta dell’articolo di MeridioNews con le dichiarazioni del’ambasciata statunitense a Roma, che spiegava come fossero in corso delle prove di trasmissione, e di un video degli attivisti No Muos in cui sono visibili, all’interno della base Usa di Niscemi, operai al lavoro e mezzi pesanti per il movimento terra. Infine l’associazione aveva anche denunciato la polizia di Caltanissetta per la scorta a operai e militari dentro la base Usa di Niscemi. «Siamo soddisfatti e contenti nel vedere che le tesi dell’associazione siano state ritenute valide dalla Procura», commenta l’avvocato D’Antona.
«Prendiamo atto della decisione della Procura di Caltagirone di ordinare il sequestro dell’impianto satellitare Muos a seguito della decisione del Tar di Palermo», fa sapere l’ufficio stampa della stazione aeronavale della marina Usa di Sigonella. «Ogni nostra azione avviene nel pieno rispetto della normativa italiana, ci auguriamo una rapida risoluzione del contenzioso al fine di garantire un efficace sistema di comunicazione finalizzato alla difesa». E, conclude, «l’occasione ci è utile per sottolineare la nostra piena disponibilità alle autorità e al territorio per qualunque chiarimento e per ricordare che ripetuti studi effettuati dalle autorità sanitarie italiane competenti hanno dimostrato l’assenza di rischi ambientali e alla salute collegati a questa installazione».
Nota: questi i fatti e la cronaca di una vicenda ottimamente descritta dal quotidiano on line Meridionews.
Bisogna però fare alcune considerazioni.
Questo del sequestro dell’impianto del MUOS potrebbe essere, da quello che ci risulta, il primo caso di un conflitto tra l’interesse militare di un Stato estero, gli Stati Uniti, che dispongono in Italia di una serie di basi (113 secondo le stime) ,considerate di fatto extraterritoriali, e l’interesse legittimo di una collettività italiana (Niscemi e zone limitrofe) che reclama giustamente il rispetto delle norme e delle garanzie previste per qualsiasi tipo di installazione che possa recare potenzialmente danno alla salute degli abitanti, con l’intervento della magistratura che si vede costretta ad intervenire d a sanzionare il mancato rispetto di normative di carattere amministrativo e sanitario da parte delle autorità statunitensi.
Facile prevedere che potranno esserci problemi per il coraggioso giudice che ha attuato il sequestro del cantiere della base militare, un giudice che ha osato da solo sfidare il potere atlantista interessato ad utilizzare la Sicilia come la più grande portaerei nel Mediterraneo per i propri fini geopolitici.
Le autorità del Pentagono sono state colte di sorpresa dalla decisione del giudice: avevano sottovalutato la complessità delle procedure giudiziarie italiane e non si aspettavano un provvedimento di sequestro. C’è del nervosismo al Pentagono, considerata l’importanza che viene attribuita a questa base.
Tuttavia possiamo ipotizzare che saranno allo studio delle autorità USA alcune possibili contromisure. Se ci trovassimo in un paese del Medio Oriente o dell’Asia centrale, la soluzione per il Pentagono sarebbe quella di inviare un drone senza pilota che fissi come obiettivo l’ufficio del procuratore di Caltagirone e provveda ad eliminarlo ma, trovandoci in Europa, la cosa presenta dei rischi e potrebbe rivelarsi controproducente. Le autorità del Pentagono dovranno agire in modo cautelativo. Si suppone che in questo momento gli esperti della CIA o della NSA stiano studiando il fascicolo del giudice di Caltagirone per verificare quali potrebbero essere i suoi punti deboli: una prassi abituale dell’intelligence USA per sbarazzarsi degli avversari, montare uno scandalo, inscenare un tentativo di corruzione, implicare la persona in giri oscuri con possibili testimonianze pilotate, ecc.. Un copione già visto in altri casi di esponenti politici che hanno calpestato gli interessi USA in qualsiasi parte del mondo.
In alternativa, trattandosi di un magistrato, non si può escludere che vengano esercitate pressioni sul CSM per richiedere l’avocazione del fascicolo e farlo arrivare sulla scrivania di un altro magistrato più “sensibile” agli interessi del Pentagono. Tutto è possibile, di sicuro il procuratore di Caltagirone dovrà essere molto accorto nel prossimo futuro poichè si troverà nell’occhio di un ciclone.
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